Jordan Ireland With Purple Orchestra

Jordan Ireland With Purple Orchestra

2017 (Spunk!)
folk-psych, chamber-music

Già membro dei The Middle East nonché autore di un album a nome Stolen Violin (“Temperate Touch & Tropical Tears”), Jordan Ireland è un musicista australiano, alle prese con un nuovo stimolante progetto condiviso con un’orchestra immaginaria, che oltre a strumenti acustici ed elettronici include anche elementi naturali come il suono dell’aria o il canto degli uccelli. Unico compagno di ventura il produttore Greg Walker, abile amministratore del misterioso e ammaliante chamber-folk, lievemente psichedelico.

Non è un disco agevole da descrivere, “Jordan Ireland With Purple Orchestra”: la musica si snoda come una delicata sinfonia post-rock dai toni ora bucolici ora futuristi, la cui esegesi non può essere affidata alla sola descrizione degli elementi sonori, infatti pianoforte, violino, arpa, flauto, dulcimer, organo a pedali, archi e voci filtrate perdono in parte la loro connotazione fisica, asservendo un flusso lirico che raramente si condensa in una melodia dai contorni ben definiti. Cacofonia ed eufonia si amalgamano nel raffinato tessuto creato dal musicista, le trame armoniche sono figlie dello stesso seme che Talk Talk, Brian Eno, Sigur Ros, David Sylvian e Pink Floyd hanno coltivato alla luce del sole, qui al contrario sono le tenebre l’unica fonte di vita.

Quasi confondono le gentili orchestrazioni del primo brano “No Place For Rain”, i cui  flebili accenni melodici sembrano sfuggiti a Burt Bacharach o a Joao Gilberto, mentre gli accordi di chitarra e la voce si dissolvono alla stessa maniera di un brano apocrifo dei Love, ingannando i sensi. Tutto l’album è in verità un continuo gioco di raggiri e depistaggi, con armonie discontinue che abbozzano un briciolo di poesia utilizzando il canto come un fendente innocuo e delicato che entra ed esce dal substrato musicale senza mai farne del tutto parte (“Saturn Song”), allo stesso modo esse manipolano ritmi afro avvolgendoli in sonorità acustiche solide come una roccia e friabili come la sabbia (“Ceremony In Purple”).

Le soffuse atmosfere evocano spesso l’apparente calma dei Sigur Ros, con orchestrazioni e voci che si aggrovigliano intorno a un cespuglio di note, fino a stravolgere il tutto con un’orgia di archi e voci (“Sunshine”), per poi sfiorare il folk-jazz di Joni Mitchell dell’era “Mingus“, introducendo sapienti destrutturazioni della linea melodica che sbriciolano i canoni della formula-canzone con un’amabile cacofonia (“East Coaster”). C‘è un intenso legame con i suoni della terra e della natura in “Jordan Ireland With Purple Orchestra”, la musica flirta con l’ambient-folk, incrociando suoni naturali e manipolazioni elettroniche con la stessa intensità di David Sylvian, mettendo a punto delle suadenti ballate dal tono crepuscolare e magico (“In Dreams”) e flussi barocchi ingentiliti dal suono di un organo (“Life In Circles”).

Album dal fascino non istantaneo, il nuovo progetto del musicista australiano è un’esperienza sensoriale molto interessante e inconsueta: la musica ha la stessa densità del fumo e del vapore acqueo, ma è altresì limpida e naturale come una sorgente d’acqua. Ireland mette in gioco un ricco parterre armonico senza mai dar vita a una vera e propria sequenza lirica, lasciando fluire il tutto senza mai porre argini. Unica eccezione è il catartico chamber-pop di “Melaleuca Girls”, il cui refrain per un breve attimo rimanda non solo ai Love di “Forever Changes”, ma anche alle varie incarnazioni musicali di Michael Head.
Album non facile e a volte evanescente e quasi diafano, “Jordan Ireland With Purple Orchestra” resta uno degli ascolti più appaganti degli ultimi tempi.

29/12/2017

Tracklist

  1. No Place For Rain
  2. Saturn Song
  3. Sunshine
  4. Life In Circles
  5. East Coaster
  6. Ceremony In Purple
  7. In Dreams
  8. Melaleuca Girls
  9. Blue World




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