Linda Perhacs

I'm A Harmony

2017 (Omnivore)
songwriter, folk-psych

Quasi mezzo secolo dal debutto "Parallelograms" (1970), poco più di tre anni dal "The Soul Of All Natural Things", il terzo album della settantacinquenne Linda Perhacs, "I'm A Harmony", è il segno definitivo di una vitalità creativa ritrovata. Strombazzato come il suo migliore e il più ambizioso, in realtà il disco è il meno personale della californiana, sia per l'interpretazione che per la realizzazione.

Uno stuolo di ospitate, da Nels Cline a Autumn Defense, dall'amico Devendra Banhart a Mark Pritchard, invece che impepare le canzoni, le appiattisce le une alle altre. Il loro apporto è spesso modesto e anonimo. Si legge Cline tra i credits di "Winds Of The Sky", ma la sua parte di chitarra in chiusa funge da mera decorazione, in una ballata mossa piuttosto da un andazzo francesizzante, tra la Françoise Hardy più avanzata e gli Air più retrogradi. Così per "We Will Live".
Con "The Dancer", e poi via via "Crazy Love" e "Take Your Love To A Higher Level", tutte vanamente influenzate dalla tropicalia (ripetendo una tendenza apparsa nel predecessore), quantomeno l'umore si fa più pimpante e i ritornelli più contagiosi.

A mani basse emerge l'apporto della nipotina artistica Julia Holter. È lei a dare qualche minuto di paesaggio rarefatto di lamenti di sirena, tendente persino a scomparire, nell'altrimenti lunga e noiosa "Visions". Ancora meglio "Beautiful Play" e soprattutto la title track, ma è un gioco sporco che inverte la logica: non collaborazioni, ma brani composti e pure eseguiti dalla Holter, con fugaci featuring della Perhacs. La prima è la migliore canzone pop dell'album, pur scopiazzata dalla sua "Für Felix", la seconda è un tocco di classe di psichedelia al femminile, un inno moderno sinceramente onirico e fantasioso, cangiante in concerto tribale di toni smussati e pittura canora ovattata, una cantillazione alla Enya, però resa schizoide.

Appesantito da testi che imbarazzano per il ricorso bieco a tematiche hippie e lirismi new age. Perhacs ci mette passione e impegno, ma le canzoni - tolto il meglio, che appunto non è farina del suo sacco - e la produzione di Pat Sansone (di nuovo giro Wilco) sono una prolissa passerella di stereotipi folk senza sugo e di sonorità già sentite. Bisognerebbe evitare di ascoltarlo tutto d'un fiato, perché il suo equilibrismo soffice e afono diventa camomilla, mettendo a dura prova lo stato cosciente dell'ascoltatore. Due album in uno e stanno maluccio insieme. Edito da Omnivore Records (il roster di Sufjan Stevens che ha curato il precedente s’è già stufato?), label specializzata nella riesumazione di oscurità del passato.

02/10/2017

Tracklist

  1. Winds Of The Sky
  2. We Will Live
  3. I'm A Harmony
  4. The Dancer
  5. Crazy Love
  6. Take Your Love To A Higher Level
  7. Eclipse Of All Love
  8. One Full Circle Around The Sun
  9. Beautiful Play
  10. Visions
  11. You Wash My Soul In Sound

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