Beneventano di nascita ma berlinese di adozione, Louis De Cicco è al primo album solista, registrato proprio tra le sue due terre, partendo dalla magia pagana e stregonesca della campagna campana che molto ha influenzato il suo sound intimo, apparentemente ingenuo, ma profondamente astratto nella sostanza, parimenti concreto nella forma, quasi liturgico e spesso rilassante, fino a spingersi in territori più nordici e vicini alla Germania, alla ricerca del folk acustico e più barocco d'oltremanica, e ancora verso il roots-rock d'oltreoceano; il tutto impreziosito dall'utilizzo di elementi di musica gnawa marocchina, fondamentale per fornire quell'apporto ipnotico caratterizzante "Watermouth".
È questa miscela che dona forza a ognuna delle nove tracce ed è questo che le unisce, o almeno vorrebbe, quasi a creare un unico brano capace di darci la mano per un lungo viaggio incantevole e surreale. Tutti gli elementi citati avrebbero la forza per costituire un disco di tutto rispetto, eppure sono diversi i fattori che finiscono per non convincere pienamente.
Si prenda l'eccessivo distacco dal resto di brani come "The Arounder", capace solo di spezzare quell'aura magica creata dalle tracce precedenti; si prenda l'incapacità di fondere in maniera naturale le diverse influenze musicali, di miscelare con disinvoltura le esperienze popolari altrui qui prese a prestito, come le diverse tradizioni (americana e maghrebina) che troppo spesso cozzano invece che scivolare l'una sull'altra.
"Watermouth" ha un'ottima idea essenziale teorizzata e musicata da un ottimo strumentista, al quale resta solo da capire come fare per mettere insieme i pezzi di questa "visione" acustica per far sì che possa giungere al nostro orecchio nella maniera più fluida e graffiante possibile.
26/05/2017