Moonspell

1755

2017 (Napalm Records)
symphonic-gothic-metal

I portoghesi Moonspell sono uno dei più completi e significativi gruppi gothic-metal, grazie a uno stile che oscilla tra influenze diverse (da momenti elettronici e soft che richiamano i Depeche Mode fino a sfuriate aggressive ai confini del black-metal) e a una serie di album di assoluto valore, soprattutto in confronto a molte più recenti formazioni del genere. Con oltre 25 anni di carriera, il gruppo ritorna cambiando di nuovo pelle, stavolta dandosi a un vero e proprio symphonic-gothic-metal carico di pathos emozionale. La band, rispetto al precedente album "Extinct" del 2015 (che flirtava con un dark-rock vicino ai Sisters Of Mercy), segna un deciso ritorno su sonorità più nitidamente metal, abbinandole però a un impianto sinfonico arricchito da orchestrazioni d'archi e voci liriche, per esaltare uno dei concept più ispirati partoriti dal gruppo. "1755", questo il titolo del lavoro, è un'opera che si ispira al terremoto che quell'anno distrusse la città di Lisbona e che nelle mani dei Moonspell diviene punto di partenza per narrare lo spirito multiculturale, avventuriero ma anche nostalgico, del Portogallo.

L'iniziale "Em Nome do Medo", che introduce il lavoro, è un riarrangiamento in chiave orchestrale dell'omonimo brano presente su "Alpha Noir" del 2012, in cui ai tastieroni appariscenti e agli assoli taglienti sono sostituiti cori lirici, archi e chitarre acustiche. Il singolo d'anticipazione "In Tremor Dei", invece, gioca sul dialogo tra momenti distorti e altri in cui le chitarre cedono il passo alla pervasiva sezione ritmica e alla voce ruggita, a cui si sovrappone timidamente l'ospite Paulo Bragança - in Portogallo, un popolare cantautore di fado. Il nome di questi brani non è casuale, infatti la caratteristica peculiare di questo album è quello di essere dall'inizio alla fine interamente portoghese con qualche inserto in latino, mentre Ribeiro torna a cantare quasi solo in growling. Ciò aggiunge fascino e colore a un lavoro molto caratterizzato, trascinato da un esistenzialismo profondo e imponente, da vero e proprio poema epico, intriso dello spirito identitario che caratterizza i cinque portoghesi. È soprattutto il lavoro più personale e vissuto dei Moonspell da qualche album a questa parte.

Sono pochi i gruppi metal con un seguito consistente che cantano interi album in una lingua diversa dall'inglese, i più popolari sono probabilmente gli industrial-metaller Rammstein dalla Germania (come molti altri gruppi locali). In campo gothic-metal possiamo vantare qui in Italia i Novembre, che hanno occasionalmente introdotto parti cantate in italiano molto affascinanti nei loro lavori. La speranza è che episodi come "1755" possano contribuire a ispirare sempre più formazioni al di fuori dell'underground a sperimentare testi in una lingua differente e rompere dunque gli schemi. 

Un pizzico di rammarico è dato dalla presenza solo marginale di richiami più folcloristici accanto a quelli più sinfonici, che potevano essere espansi per ottenere un ibrido interessante, poche volte affrontato da gruppi metal. Rappresentati soprattutto nella title track, possiamo trovare anche elementi acustici, inserti arabeggianti e percussioni levantine (che ricordano gruppi come gli israeliani Orphaned Land). Si tratta di addizioni sicuramente interessanti e con molto potenziale, anche se il gruppo non osa sperimentarle maggiormente tentando di conferire un aspetto totalmente etnico e tribale al disco.
Come già detto, il lavoro è arricchito da orchestrazioni che accompagnano un concept da vero e proprio poema lusitano. Il disco però non sfocia nell'autoindulgenza tipica del metal più sinfonico ed epico, o nelle massicce stratificazioni corali di gruppi come i Therion, ma rimane sempre incentrato attorno alla voce di Ribeiro, al riffing bruciante di Amorim e allo stakanovistico lavoro ritmico di Pereira e Gaspar. D'altro canto, non sfocia neanche negli estremismi più efferati (e a tratti forzati) di gran parte delle pubblicazioni dei portoghesi del nuovo secolo. Rispetto ad alcuni degli ultimi dischi, come "Memorial", "Night Eternal" e "Alpha Noir", in "1755" viene dosata sempre l'aggressività, al punto che addirittura si potrebbe obiettare che in certi frangenti sembra che il disco sia sul punto di esplodere in un climax fragoroso per poi mancare d'impatto.

È senz'altro positivo che in "1755" vi siano maggiore equilibrio e compattezza, anziché un abuso di riff ronzanti e blast-beat che inizierebbero a suonare ripetitivi. Non ci sono brani che svettino particolarmente sugli altri, tutto l'Lp risulta abbastanza omogeneo senza particolari cali, e nemmeno si possono estrapolare canzoni dal contesto (tanto che chi preferisce hit a sé stanti come in altri album dei Moonspell potrebbe rimanere deluso). Resta comunque da segnalare soprattutto "Desastre", col suo campionario di riff granitici e motivi vocali trascinanti (e nella edizione limitata presente anche come bonus track in spagnolo), "Ruínas" con i suoi riff arabeschi e le atmosfere dolci-amare, e l'upbeat "1 de Novembro", particolarmente enfatico nel ritornello e arricchito da un assolo frenetico. Infine, la ballata finale "Lanterna dos Afogados", cover dei Os Paralamas do Sucesso, chiude malinconicamente ma con vigore un album senz'altro ispirato, che ci riporta dei Moonspell in buona forma.

23/11/2017

Tracklist

  1. Em Nome do Medo
  2. 1755
  3. In Tremor Dei
  4. Desastre
  5. Abanão
  6. Evento
  7. 1 de Novembre
  8. Ruínas
  9. Todos os Santos
  10. Lanterna dos Afogados
  11. Desastre (Spanish version - bonus track)

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