Pontiak

Dialectic Of Ignorance

2017 (Thrill Jockey)
psych-rock

Prosegue senza sosta la saga musicale dei fratelli Carney, che dal podere di famiglia, in Virginia, ci comunicano importanti novità: non soltanto l’ennesimo album che conferma un percorso virtuoso privo di passi falsi, ma anche l’ingresso ufficiale nel mondo delle birre artigianali con il marchio Pen Druid, appena lanciato e forte di nuove miscele di malti e luppoli pronte a conquistare importanti fette di mercato.
Fra una IPA e una doppelbock, il nuovo “Dialectic Of Ignorance” è stato concepito in scioltezza, smussando la componente heavy che caratterizzava alcune recenti uscite siglate Pontiak e immergendosi quasi completamente in un bagno lisergico, partorendo il lavoro più psichedelico finora realizzato dal trio.

Lasciati da parte non solo gli arrembaggi di “Lions Of Least” e “Ghosts” ma anche la componente acustica Neil Young-style, le otto nuove tracce delineano un percorso compatto e omogeneo, fermamente sintonizzato sulle frequenze del miglior psych-rock contemporaneo, quello che li mette nella stesso squadrone in compagnia di Black Mountain, Wooden Shjips, Black Angels, Brian Jonestown Massacre e Arbouretum.
Le chitarre elettriche perse per le praterie di “Easy Does it” fissano subito un mood fatto di polvere e bourbon, di tempo che scorre senza fretta, di cadenze controllate, di bpm contenuti, di movenze quasi narcotiche, con qualche accento Southern e di tanto in tanto la zampatona fuzz.

Le prime due tracce contagiano a macchia d’olio l’intero lavoro e preparano il campo per “Tomorrow Is Forgetting”, che prende i Queens Of The Stone Age dei primi due album, ci appiccica sopra un’instancabile ride che pare rubato a Stewart Copeland, ci alterna le precise rullate di Lain Carney, e ci schiaffa pure il solo di chitarra sul finale: è il momento topico del disco.
“Dialectic Of Ignorance” è un album meno roccioso rispetto ad altri realizzati in passato, ma ha la capacità di scorrere senza presentare alcun cedimento, convincente sia quando mostra compattezza nella parte centrale, sia quando gioca qualche carta a sorpresa nel finale, come l’accessibilità di “Dirtbags”, il riff sabbathiano di “Herb Is My Next Door Neighboor” e l’intro ai confini col noise di “We’ve Fucked This Up”, altro pezzo gigantesco.

La musica fluisce uniforme, quasi fosse stata concepita durante una sola infinita jam notturna, e invece pare trattarsi del lavoro di più lunga gestazione dei tre fratelli, sempre immersi nell’eterea comodità dello studio casalingo, fra un giro di chitarra assassino e una nuova pale ale da testare.
Difficile poter affermare ora se si tratta del loro disco più bello: di sicuro sancisce un’ulteriore conferma circa la grande qualità complessiva di una discografia fra le migliori dell’intero panorama psych-rock del nuovo millennio.

01/04/2017

Tracklist

  1. Easy Does It
  2. Ignorance Makes Me High
  3. Tomorrow Is Forgetting
  4. Hidden Prettiness
  5. Youth And Age
  6. Dirtbags
  7. Herb Is My Next Door Neighbor
  8. We’ve Fucked This Up

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