Si può scrutare nell'oceano indaco di un cielo stellato come dentro un caos di geometrie inconoscibili, così come un elaborato intarsio consultabile da chiunque, pur senza riuscire a decifrarlo secondo il nostro limitato linguaggio. È lo stesso scarto che separava le due anime "sorelle" della New York School: l'atlante del firmamento che traccia autonomamente la partitura di John Cage, e il "tempo interiore" di Morton Feldman, che con segni ponderati e in sé compiuti asseconda la propria idea di sistema complesso ma estraneo a schemi canonici.
A quest'ultima sensibilità sembra corrispondere la fragile estetica musicale di Sandro Mussida, compositore e violoncellista italiano con base a Londra, nonché figlio dello storico chitarrista della Pfm, che due anni fa assieme a una formazione di altri sette strumentisti connazionali ha disegnato liberamente le "Ventuno costellazioni invisibili" presentate nel suo primo disco a firma unica, commissionato dalla neonata etichetta milanese Metrica.
Inoltre, eccezion fatta per la chitarra elettrica di Alessandra Novaga (già interprete di "In Memoria", rituale solitario con looper) e per i computer, nell'ensemble ritroviamo strumenti acustici ricorrenti nell'opera cameristica di Feldman – voci sommesse di una meditazione guidata passo a passo, con pochi e ben precisi margini per un'alea controllata. Il presente microcosmo è abitato e messo in moto dai gesti sonori di Enrico Gabrielli (flauto, clarinetto), Yoko Morimyo (violino), Susanne Satz (pianoforte), Giulio Patara e Sebastiano De Gennaro (percussioni), Giuseppe Isgrò e lo stesso Mussida (live looping di fiati e violino).
Come ha spiegato l'autore*, il brano accoglie "diverse combinazioni e sovrapposizioni di figure musicali timbrico-temporali, tutte derivate da alcuni rapporti geometrici interni alla forma triangolare". Un pensiero musicale che già a parole, e ancor più durante l'ascolto, evoca il moto oscillante e il dialogo spontaneo tra le ramificazioni di elementi plastici nelle sculture sospese di Alexander Calder, a loro modo "costellazioni" autonome che danzano secondo le loro imprevedibili coreografie.
Guardando con riverenza alle avanguardie italiane degli anni Settanta – specificatamente a Franco Battiato e Giusto Pio, ma anche agli adagi primitivisti di Lino 'Capra' Vaccina – Mussida unisce la purezza formale del minimalismo storico a un'idea puntillista e "diffusa" di armonia, attribuendo un significato inedito al concetto di "sospensione tonale".
Il moto variabile che contraddistingue la struttura dell'opera ben si presta a diversi adattamenti a seconda degli spazi o dei supporti che la ospitano: per questo Mussida ha previsto tre missaggi (stereo, surround 5.1 e stereo binaurale) destinati ad altrettante modalità di fruizione, compresa un’eventuale rimodulazione di natura installativa.
I due lati di questo Lp, tuttavia, offrono già un'esperienza d'ascolto dai contorni mutevoli e sfuggenti, una dimensione sonora cui accedere in punta di piedi per preservarne il precario equilibrio artificiale.
* Intervista per Zero.eu
09/11/2017