Nove anni, e i fratelli Kadane sembrano essere tornati indietro nel tempo, quando i Bedhead esaurivano la loro travolgente tripletta slow-rock e rimaneva da pensare a cosa fare di un paio di braccia che sapevano soprattutto tenere in mano uno strumento. “Snow” è forse il disco che molti loro fan avrebbero voluto come prima uscita del loro nuovo progetto musicale, The New Year: intelligente, ricercato, probabilmente anche più rispettoso dell’estetica nineties rispetto all’adolescenza recalcitrante delle tentazioni indie-rock dei primi dischi del progetto (quelli veri).
Orgogliose tirate alla pianola, arrangiate come un accompagnamento jazzato a una serata di poesia open-mic (“The Last Fall”), giri di chitarra in pieno amarcord dolceamaro (“Homebody”, “Mayday”): soprattutto nella prima metà del disco si consuma una reunion che sicuramente farà drizzare i peli sulle braccia ai fan della band, in quello che si scopre un po’ troppo presto come una leva nostalgica forse un po’ facile.
Poco coraggio e molto mestiere sono le vere debolezze di un disco in realtà non disprezzabile, che sembra davvero far rivivere un’epoca, con l’insistente risuonare insieme borbottante e cristallino di “Recent History”, con i quiet-loud esistenziali di “The Beast”.
Inevitabilmente didascalico, “Snow” gode comunque di un’esecuzione dal trasporto sincero e del talento compositivo dei Kadane, che trasporta i Bedhead in un chamber-rock cantautorale ai confini con l’alt-country (soprattutto nella title track, il brano migliore del disco) che è forse la destinazione naturale e auspicabile di questa seconda carriera del duo.
09/05/2017