Thinking Plague

Hoping Against Hope

2017 (Cuneiform)
rock in opposition, avant-prog
6.5

Il chitarrista Mike Johnson rimane oggi l'unico superstite della formazione originale dei Thinking Plague, una delle più importanti realtà per quanto concerne il Rock In Opposition, anche se non di certo la più prolifica: di trentacinque anni di carriera, "Hoping Against Hope" rappresenta infatti appena il settimo sigillo in studio. La colpa di questa inerzia è da imputare ai numerosi cambi di formazione: quasi a dire che, oltre che con il rock, la band sia sempre stata "in opposizione" soprattutto con se stessa. Ma se ogni album aveva convinto nonostante queste frequenti variazioni di line-up, non si può dire lo stesso per il penultimo "Decline And Fall" con cui la band ci aveva lasciato nel 2012, il cui unico fattore positivo era stato l'arruolamento dell'attuale cantante e pianista Elaine Di Falco.

Con una formazione completata da Mark Harris (fiati, clarinetto), Dave Willey (basso, batteria), Robin Chestnut (batteria, percussioni) e Bill Pohl (chitarra), "Hoping Against Hope" prende ciò che di buono era presente in "Decline And Fall", rendendo la musica meno densa e oppressiva e, di conseguenza, di più ampio respiro. Seppur non toccando i vertici di "In This Life" (1989), il nuovo album mostra una formazione finalmente in sintonia. La formula sonora dei Thinking Plague non è mai stata di facile assimilazione, ma in "Hoping Against Hope" troviamo alcuni frammenti che ricordano all'ascoltatore come questa musica sia ancora "prog-rock" nel senso comunemente accettato del termine. La struttura delle canzoni rimane comunque più vicina alla composizione classica di quanto non lo sia al rock e al jazz: ci sono persino momenti in cui gli strumenti a fiato e la fisarmonica lottano per tenersi testa, consentendo paradossalmente alle chitarre di emergere in prima linea. Il nuovo jolly è difatti Bill Pohl, che aggiunge il suono di una seconda chitarra per la prima volta nella storia del gruppo. Nel contempo, una strumentazione più classica - fornita anche da musicisti ospiti come Adriana Teodoro-Dier al piano e Kathryn Cooper all'oboe  - sostiene la fazione più colta e folcloristica della band.

Johnson originariamente concepisce l'album all'insegna della speranza, ma i tragici avvenimenti del 2016 hanno poi trasformato questa energia positiva in un'opera rock-sperimentale dalle tonalità più cupe. Gli stranianti inni anti-militaristi di "The Echoes Of Their Cries" e "Commuting To Murder" scaturiscono pertanto come poesia cantata dalle corde vocali di Elaine Di Falco, adattandosi all'umore tetro e alla struttura complessa delle canzoni. La strumentale "Thus Have We Made The World" si dipana invece nella corrente alternata tra l'avant-prog e il rock cameristico, rinforzato dalla presenza di quella spigolosa seconda chitarra. 

La sequenza di accordi che lancia la title track si muove poi attraverso diverse sezioni ottenebranti e intimidatorie (che ricordano gli Henry Cow) fino a sfociare in 
"The Great Leap Backwards", brano che culmina in una fuga strumentale drammatica e liberatoria. I 14 minuti della chiusura "A Dirge For The Unwitting" inghiottono infine l'ascoltatore in una corsa selvaggia scandita da paesaggi in continua evoluzione, che non mancano di sprofondare nei territori dell'avanguardia e della musica colta. 

Già scorgendo l'artwork e leggendo i titoli è certamente difficile per l'ascoltatore riscontrare la speranza preannunciata in copertina, con i testi e le melodie che mantengono viva questa visione distopica del futuro: lasciate, quindi, ogni speranza voi che entrate.

30/05/2017

Tracklist

  1. The Echoes Of Their Cries
  2. Thus Have We Made The World
  3. Commuting To Murder
  4. Hoping Against Hope
  5. The Great Leap Backwards
  6. A Dirge For The Unwitting

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