Con una ricca produzione alle spalle come frontman dei Baby Woodrose, nonché membro di band come Dragontears, Spids Nøgenhat, The Setting Son e On Trial, Uffe Lorenzen (anche noto come Lorenzo Woodrose) è senza alcun dubbio uno dei musicisti più geniali della scena musicale danese. “Galmandsværk” è il primo disco pubblicato sotto il proprio nome, ma non si può parlare di un vero e proprio esordio come solista, avendo il musicista già licenziato sotto lo pseudonimo di Pandemonica le sue prime incisioni private, ed essendo inoltre unico artefice dei primi progetti a nome Baby Woodrose.
È un personaggio fuori dalle righe, Uffe Lorenzen, da sempre affascinato dai 13th Floor Elevators, al punto da forzare alcuni aspetti estetici (peso, barba bianca) al fine di assomigliare sempre di più a Rocky Erickson. Qualche anno fa la sua storia è stata raccontata in maniera egregia nel film documentario “Born To Lose: A Film About Lorenzo Woodrose”, nel quale emerge soprattutto il rapporto conflittuale tra l'ambito successo e l’amore senza compromessi per la musica, vera essenza del suo percorso artistico. In quest’ottica, “Galmandsværk” è l’ennesimo atto d’indipendenza del musicista, che addirittura rinuncia all’inglese proponendo un disco in lingua danese.
Non stupisca il titolo dell’album, l’atto di follia (Galmandsværk in danese) è infatti viscerale, estremo e soprattutto morbido e vellutato, tra chitarre acustiche e fuzz che condividono con mellotron e moog la costante tensione emotiva delle dieci tracce, sulle quali si adagiano flauti, scacciapensieri, ghironda, violini, sitar, vibrafoni e tablas, in un caleidoscopico intreccio di malinconia e romanticismo che si tinge di acid-folk e primigenia psichedelia.
Registrato e concepito su un’isola al largo della costa del Marocco. “Galmandsværk” è un album acutamente atipico, quasi tantrico nel suo vitale divenire acustico, un album dall’equilibrio sonoro magico, ultraterreno. Uffe Lorenzen infrange le regole del garage-rock, rallentando riff e refrain, quietando il tutto con il suono dello xylofono in “Ny By”, o confondendo le acque con il suono di uno scacciapensieri nella turbolenta frenesia lirica di “Sang Om Merværdi”.
Ed è in questa visionaria rilettura del proprio stile compositivo e sonoro che risiede la forza di questo suggestivo e spirituale viaggio sonoro di Lorenzen, che tra tessiture tipicamente esotiche/esoteriche (”Dansker”), già ampiamente sfruttate dalla migliore tradizione psichedelica, riesce a inserire più di un elemento di autenticità (“Min Skygge”) e originalità (“Høj Som Et Højhus”), pescando emozioni e suggestioni anche nei primordi del prog-rock sinfonico dei Moody Blues, con tanto di organo e chitarra elettrica (“Ridset Plade”).
C’è perfino un potenziale hit-single in chiave folk-beat (“Flippertøs”) e una deliziosa ballata alla Beatles con tanto di sitar e divagazioni freak-folk (“På Kanten Af Verden”) in questo funambolico progetto di Uffe Lorenzen.
“Galmandsværk” conferma la sua essenza di album-viaggio-mistico annullando con lucida follia i confini intellettuali e terreni, grazie a un intenso e affascinante insieme di vivacità e delicatezza lirica, che nella conclusiva “Blues For Havet“ prende le sembianze dell’onda marina che tutto travolge e trasforma, incrementando il tono freak e psichedelico di un album atipico e originale.
In un percorso artistico da sempre baciato dalla coerenza e da un briciolo di sana follia visionaria, il nuovo album di Uffe Lorenzen non solo conferma l’unicità del personaggio, ma apre nuove prospettive per il futuro.
10/01/2018