C’è una Berlino che è tutto il contrario della techno capital che siamo abituati a immaginare, che convive con quest’ultima e le si giustappone. È una città verde, silenziosa e sicura, dove giusto dietro ogni grande arteria regnano calma, panetterie sveve o turche, biciclette e branchi di giovani mamme che con passeggini a tre posti la fanno da padrone. È in tutta probabilità questa la versione della capitale tedesca cui Eddie Argos dà il buon giorno nella fischiettante “Good Morning Berlin”, e alla quale deve la sua ritrovata forma fisica e – viene da dire dopo l’ascolto di questo “Wham! Bang! Pow! Let’s Rock Out!” - artistica. È infatti qui che il frontman degli Art Brut si è stabilito e ha avuto un figlio dopo il brutto collasso fisico e la conseguente, lunga degenza ospedaliera – raccontata con divertimento nell’art-punk “Hospital!” - che si era causato con i classici eccessi da rockstar.
Fresco com’è, con i riff di chitarra spesso sottolineati da squilli di trombe, “Wham! Bang! Pow! Let’s Rock Out!” suona a tutti gli effetti come il classico disco della rinascita. Argos si sente vivo e felice come non mai – nella succitata “Good Morning Berlin”, ripete sovente “I can’t believe the state I’m in” - e lo esprime, smargiasso, in ogni pezzo; la band, scatenata come ai tempi dei primi due dischi, dà ulteriore linfa alle sue declamazioni già sovraeccitate.
Gli ex-londinesi non mancano di guardarsi anche indietro, ovviamente con ironia, fino ai tempi in cui il loro unico cruccio era sfornare hit e fare la loro apparizione a Top of the Pops – “She Kissed Me – And It Felt Like A Hit”, mescola questi ricordi alla storia di un primo bacio. La fine di una relazione è invece il tema della strampalata, e irresistibile, “I Hope You Are Very Happy Together”, con Argos che nel ritornello aggiunge al titolo “but if you are not it’s even better”.
Se non brevemente e soltanto nel Regno Unito, gli Art Brut non sono mai riusciti nella missione di equiparare in termini di successo colleghi di scena come i vari Bloc Party e Franz Ferdinand. Non ci riusciranno nemmeno oggi, data la loro fedeltà a un sound chitarristico, se non anacronistico, perlomeno fuori moda. Ed è un vero peccato perché questo loro quinto disco è fresco, immediato e divertente, il migliore da tantissimo tempo. Ne gioveranno dunque i fan più fedeli, con particolare soddisfazione di quelli più gelosi.
04/12/2018