Ary Barroso

Meu Brasil brasileiro (ristampa)

2018 (Aquarela do Brasil)
samba-exaltação, jazz-samba

È l’agosto del 1942 quando a Rio de Janeiro viene data la prima mondiale di “Saludos amigos”, antologia di quattro corti animati con intermezzi in forma documentaristica sulla cultura sudamericana, sotto la supervisione di Walt Disney in persona, che del resto vi compare. Il film si chiude con l’episodio che presenta al mondo il personaggio di José Carioca, a cui fa da sottofondo una canzone memorabile, intitolata “Aquarela do Brasil”. La canzone porta la firma di Ary Barroso e viene incisa per la prima volta nel 1939 da Francisco Alves, grande voce romantica dell’epoca. C’è però bisogno di riadattarla alle esigenze del film, e si decide di affidarla alle cure di Aloysio de Oliveira, cantante, produttore e organizzatore, che fece da consulente musicale di Carmen Miranda per tutta la sua carriera, e a cui si deve il lancio – fra gli altri – di nomi del calibro di João Gilberto e Nara Leão.
De Oliveira la incide daccapo, cantandola con un piglio più moderno e squillante rispetto all’originale (che rimane però la versione preferita da chi ne ama il carattere autenticamente carioca). Sia come sia, il brano entra nell’immaginario collettivo di più continenti e diventa la prima canzone in lingua portoghese universalmente nota, oltre che la canzone brasiliana più incisa di tutti i tempi (almeno stando alle cronache che si sono susseguite nel corso dei decenni, ma lo è probabilmente a tutt’oggi, nonostante l’enorme popolarità in seguito conquistata da alcune composizioni di Jobim o di Jorge Ben).
 
Per l’autore del brano, Ary Barroso, è la consacrazione fra i pesi massimi dell’industria musicale. Ancora per molti anni verrà riverito come il più grande compositore brasiliano in ambito popolare. Nel 1944 Walt Disney sceglierà di nuovo un suo brano, “Na baixa do sapateiro”, per il commento musicale de “I tre caballeros”, questa facendolo tradurre in inglese. 
Durante tutta la prima parte della sua carriera Barroso si considera più che altro un autore di canzoni, di cui scrive testo e musica, senza quasi mai partecipare attivamente alla loro incisione. Dal 1928 fino a tutti gli anni Quaranta firma innumerevoli canzoni per gli interpreti e le orchestre più in voga del momento, ma la sua partecipazione fattiva riguarda solo una manciata di titoli, in veste di pianista. Solitamente spedisce lo spartito e si affida a chi dovrà inciderlo, senza entrarci in contatto. Questo porterà, per esempio, allo storico errore nella prima versione di “Aquarela do brasil”, quando Alves, non capendo l’ortografia di Barroso, canta “mulatto risoneiro” (mulatto ridente) anziché “mulatto inzoneiro” (mulatto intrigante).
Un approccio che cambierà gradualmente nel tempo, quando comincerà a interessarsi all’arte dell’incisione, in particolare al sorgere dell’epoca degli album. È il solito De Oliveira che lo spinge a imbarcarsi nei due progetti più ambiziosi della sua carriera fino a quel momento: due Lp con cui dimostrare di aver compreso appieno il potere del nascente formato. È così che, uomo di mezza età e con i suoi più grandi successi ormai alle spalle, incide i due dischi che trovano oggi ristampati in un unico cd
 
Il primo in ordine cronologico (1958), benché posto in fondo in questa nuova edizione, si intitola “Ary Barroso, Dorival Caymmi – Um interpreta o outro”. La ricetta è semplice: sotto lo sguardo attento di De Oliveira, due storici autori si rileggono a vicenda. Dorival Caymmi canta sei brani di Barroso, con arrangiamenti stringati dominati dalla chitarra classica e dalla sua voce baritonale, mentre Barroso adatta altrettanti pezzi di Caymmi in chiave strumentale, affidando le melodie al pianoforte, con il supporto di percussioni e poco altro. È un esperimento interessante, anche se una collaborazione attiva fra i due sarebbe risultata certamente più succulenta. 
Il vero piatto forte è però rappresentato dal secondo album, posto in apertura del cd in esame, se non altro per il fatto che, pubblicato in origine nel 1959, viene ristampato per la prima volta, dopo essere stato per decenni una sorta di irraggiungibile graal per gli amanti della musica brasiliana più colta.
 
È un disco importante in due direzioni. Segna anzitutto l’ultimo colpo di coda del movimento “samba-exaltação”, denominato così proprio partendo dalle composizioni di Barroso sul finire degli anni Trenta: si distacca dal samba tradizionale per un approccio musicale più complesso e per testi che mirano a esaltare la cultura locale (tanto da far guadagnare a Barroso accuse di connivenza verso la dittatura di Getúlio Vargas*). Sul finire degli anni Cinquanta volge tuttavia al tramonto e viene velocemente messo da parte all’arrivo della bossa nova (invero rispettosa della tradizione samba, ma meno a suo agio con la componente autocelebrativa di Barroso, che - sia chiaro - non viene rinnegata, rappresentando le radici dei musicisti di quella generazione, ma si trasforma in una meno ingombrante presa di coscienza dal taglio malinconico, tipica dei brani di Jobim e De Moraes). 

Se da un lato è quindi un’opera che chiude un ciclo, dall’altro è uno dei primi esempi di jazz-samba, sicuramente uno dei meglio organizzati fino a quel momento. Barroso seleziona dodici classici del suo canzoniere, elimina quasi del tutto le parti vocali, lasciando pochi interventi corali (solitamente i ritornelli, come andava di moda per molta musica lounge di quel periodo – si pensi agli album incisi da Bacharach qualche anno dopo), e lascia il suo pianoforte a decorazioni delle ricche orchestrazioni del maestro Leo Peracchi, insegnante accademico, fra i migliori arrangiatori dell’epoca. I pezzi sembrano così ottenere nuova linfa vitale e formano una scaletta dal forte valore simbolico. Addirittura testamentario, se si considera che Barroso non avrebbe più inciso niente, morendo nel febbraio del 1964 per complicazioni legate alla cirrosi, di cui soffriva da tempo.
 
(*Accuse a ogni modo non meritate, visto che Barroso scrisse “Salada mixta” per Carmen Miranda nel 1938, il cui testo ridicolizzava l’accordo di Monaco di quello stesso anno. Lo fece sapendo di rischiare la censura, data la simpatia di Vargas per Mussolini e tutto sommato anche per Hitler, prima che le cose degenerassero. Va inoltre detto che nella parte finale della sua carriera politica Vargas ebbe modo di riscattarsi e che, pur con innegabili macchie, se c’è stato un dittatore che “ha fatto anche cose buone”, è certo più probabile che si tratti di lui che non di sedicenti leader europei). 

31/12/2018

Tracklist

Tracce 1-12: Ary Barroso "Meu Brasil brasileiro" (1959)
Tracce 13-24: Ary Barroso & Dorival Caymmi "Um interpreta o outro" (1958)

  1. Aquarela do Brasil
  2. Perdão
  3. Quando a noite é serena
  4. É mentira, oí
  5. Fôlha morta
  6. Malandro sofredor
  7. Na baixa do sapateiro
  8. O correio já chegou
  9. Sonho de amor
  10. Faceira
  11. Foi ela
  12. Falta de consciência
  13. Lá vem a baiana
  14. Risque
  15. Maracangalha
  16. Por causa desta cabocla
  17. João Valentão
  18. Inquietação
  19. Na baixa do sapateiro
  20. Marina
  21. Maria
  22. Dora
  23. Tu
  24. Nem eu

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