Black Delta Movement

Preservation

2018 (Non Delux)
neo-psichedelia, garage

Ci sono voluti ben otto anni prima che i Black Delta Movement si decidessero a dare alle stampe questo loro primo full length. La cosa appare ancora più strana considerando il riscontro che il quartetto di Kingston Upon Hull ha riscosso nei lunghi anni che vanno dal 2010 della loro formazione ad oggi, ottimo sia dal punto di vista della ricezione dei loro Ep da parte della critica che, soprattutto, da quello del vero e proprio culto che si è generato intorno ai loro live. Grazie a vere e proprie messe psichedeliche, il violento rituale della band è stato scelto come antipasto per i propri live da mostri sacri come The Jesus & Mary Chain e The Brian Jonestown Massacre, ma anche da formazioni distanti dai loro mantra psichedelici come i Drenge o gli Stranglers. Distanti poi nemmeno del tutto, perché la proposta della band Matt Burr (chitarra e voce), Dom Abbott (chitarra e voce), Liam Kerman (basso) e Jacob Tillison (batteria) è molto più sfaccettata di quanto dicono i critici, che li vorrebbero fare passare per una copia carbone dei Black Angels.

Prendiamo “Rome”, che di “Preservation” è la prima succosa portata; le chitarre rovesciano riff lisergici e rugginosi come vuole la tradizione texana, ma la voce è così al centro del mix e intona una melodia così smargiassa da fare apparire certo britpop un riferimento da non trascurare. Magari non Liam Gallagher – come ha scritto qualcuno - ma Tim Burgess e Paul Draper vengono in mente spesso, specie quando la conclusiva “Butterfly” abbandona i suoi esercizi ai pedali e sterza verso territori madchester. Ritmica febbrile e riff con le convulsioni fanno invece di “King Mosquito” un notevole manifesto garage – i Black Delta Movement hanno ascoltato MC5 e Stooges a lungo e gli sono rimasti nel Dna. Così come anche il blues – più rauco è meglio è, sembrano pensare i ragazzi – che si impossessa di “For You” e ne fa l’unico – quasi – lento del blocco.
Non devono però temere quelli che si nutrono di psichedelia nuda e cruda, meno contaminata: “Preservation” offre pane per i loro denti in abbondanza. In “Hunting Ground” le chitarre vengono letteralmente grattugiate e tutti gli effetti più amati dai feticisti del genere vengono padroneggiati da Burr e Abbott con gran perizia. “Let The Rain Come” è una doverosa preghiera di ringraziamento ai 13th Floor Elevators, ma grazie al suo refrain micidiale e ossessivo è anche l’ariete che potrebbe consentire alla band l’ingresso in numerose playlist indie.

A conti fatti, l’accostamento frequente ai Black Angels appare decisamente fuorviante, anche perché dopo cinque dischi gli americani hanno una padronanza del genere che ne fa un classico vivente. Ma l’energia e il magnetismo che “Preservation” trasuda in ogni suo passaggio fanno sperare in un seguito a stretto giro e – mentre lo aspettiamo – in un tour che ce li porti non troppo lontano da casa, il prima possibile.

10/08/2018

Tracklist

  1. Rome
  2. Hunting Ground
  3. King Mosquito
  4. Deceit
  5. Hot Coals
  6. Let the Rain Come
  7. Ivory Shakes
  8. For You
  9. No End
  10. Butterfly


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