Life is short, finish what you start and mean what you do.
Not everyone does and not everyone gets to. Live your life; no regrets.
I Black Tusk provengono da Savannah, nella Georgia americana, già patria di gruppi relativamente affini come
Baroness o Kylesa (e dallo stesso stato i
Mastodon). Nel panorama sludge-metal si sono ritagliati una propria nicchia con uno stile veloce, frenetico e furioso, dove le influenze crust-punk e hardcore-punk emergono prepotenti in un amalgama che non disdegna occasionali citazioni del rock & roll classico. C'è chi li ha addirittura definiti come i "
Motorhead della Georgia".
Il gruppo purtroppo subisce una tragica perdita nel 2014, quando il bassista fondatore Jonathan Athon muore a causa di un incidente automobilistico e viene sostituito da Corey Barhorst (ex-Kylesa). "Pillar Of Ashes" è stato pubblicato nel 2016, ma è stato in realtà registrato prima dell'incidente. Il primo vero album con la formazione rinnovata è "T.C.B.T." (acronimo di Take Care of Black Tusk e citazione dell'
elvisiano "Take Care Of Business" mentre la copertina omaggia gli
AC/DC), uscito quest'anno.
"T.C.B.T." accentua l'anima hardcore-punk del gruppo rispetto al predecessore, rivelandosi un micidiale
platter all'insegna della velocità e della furia. La citazione all'inizio della recensione altro non è che il commento del gruppo alla pubblicazione del disco ed è una frase che inquadra perfettamente lo spirito di questa uscita.
L'unica eccezione rispetto a questa tendenza alla velocità può essere forse "Scalped", che sfocia quasi in un
midtempo con le sue aperture più melodiche e a volte vicine al doom-metal. La parentesi è in ogni caso fra le migliori canzoni e mantiene lo spirito selvatico del disco.
La principale aspettativa è per il nuovo ingresso Barhorst, che si mostra un innesto eccellente al basso. La sua prova è strepitosa soprattutto nella furibonda "Ill At Ease" e nella schizzata "Never Ending Daymare", e viene promossa a pieni voti. Come il suo predecessore, Barhorst si suddivide anche le linee vocali assieme alle urla sguaiate del chitarrista Andrew Fidler e alla voce imponente del batterista James May, con tripli attacchi ormai marchio di fabbrica del gruppo.
Non si può dire che ci siano momenti sottotono, anzi, l'energia sprigionata da "T.C.B.T." è massimale e il gruppo incarna alla perfezione quanto più di selvaggio, primitivo e
up-to-face può esserci nel rock.
01/01/2019