Il crepuscolo dell'ultima fase a due (Federico "Rev. Freddie Murphy" Zanatta e Chiara Lee) dei veneti Father Murphy, iniziato con "Croce" (2015) e proseguito con l'Ep "Lamentations" (2015), culmina con l'annuncio dello scioglimento e la pubblicazione del loro ultimo album ufficiale, "Rising". Per confermare e completare il processo di chiusa, i due rivolgono dunque temi e toni monastici finalmente a loro stessi, recitandosi addosso un personale de profundis - alla stessa guisa del (peraltro truffaldino) "Swans Are Dead" per la mitica sigla di Mike Gira - come recita il sottotitolo ("A Requiem For Father Murphy") e come dimostrano i brani titolati secondo le parti canoniche della liturgia.
L'"Introit" è niente più che una sequela di colpi cadenzati di timpano, le sue risonanze gravi, e un frugolare elettroacustico; a metà, l'"Offertory" assembla suoni di decomposizione in un sostrato di rogo; la chiusa, "Libera Me", sono quattro minuti di found sound di ribollio sotterraneo. Se non sono capolavori di fantasia, questi brani sono comunque fermi e affocati nel loro ascetismo.
I droni mortiferi del "Kyrie Eleison" sono rischiarati dalla litania (ovviamente) senza vita delle voci dei due, che poi scompare nei successivi "Sanctus" e "Agnus Dei", frammenti di musica ambientale senza molto significato, si ritrova in coda al brevissimo elettronico marciante "Pie Jesus", e quindi dilaga nei dieci insostenibili minuti di "Sequence" e "In Paradisum" (dopo tre minuti di ulteriore musique concrete di pala su terra).
Brani cantati appena più effettivi sono forse l'inno catacombale di "Tract", trasfigurato in un'estatica rifrazione elettronica, e l'aria di soprano un po' alla Leo Delibes di "Communion", per quanto non arrivino agli standard fissati da Dead Can Dance e Miranda Sex Garden.
Questo scheletro di disco avrebbe una sua dignità e un suo fascino bizzarro di cerimonia e (auto)celebrazione assemblata, più che composta, con le tecniche più disparate, e quantomeno una solida statura di concept mortifero. Non trova trasmissione, però, non passa per via dell'uso immaturo e pretenzioso delle voci: sono una delusione, lontane parenti dei loro primi strepiti, le distorsioni, i rosari demonici di "And He Told Us" (2008). Ma il peggio sta nell'impostazione. Un mini-album di collage sonoro di musica elettroacustica, questo il succo da salvare dell'opera - ma è un regalo di Luca Garino (degli amici How Much Wood) - avrebbe reso loro memoria e discrezione molto più di quest'incerto, incespicante monolite affetto da accidia e logorrea. Un commiato che sa di autoparodia di una carriera. Preceduto da due uscite brevi collaborative, uno split con i Grumbling Fur (2017) e un 10" con Jarboe (2017). Co-prodotto con Ramp Local.
06/05/2018