È giunta a solo una settimana dall’uscita di questa soundtrack la terribile notizia della scomparsa improvvisa di Jóhann Jóhannsson, ed è difficile credere che stiamo realmente ascoltando uno dei suoi ultimi contributi all’arte della musica per il grande schermo*.
Di certo non bisognerà ricorrere a rivalutazioni tardive: affermatosi negli stessi anni del più giovane connazionale Ólafur Arnalds, il compositore islandese ha visto la sua celebrità crescere sensibilmente dagli anni Duemila a oggi, passando da un contratto con la 4AD alla recente acquisizione nel prestigioso catalogo Deutsche Grammophon, del quale è stato nome di punta a fianco del collega ango-tedesco Max Richter.
Volendo cogliere un risvolto poetico nella tragica dipartita, possiamo trovarlo nella storia vera diretta da James Marsh in “The Mercy” (Il mistero di Donald C.): per salvare la sua impresa dal fallimento e la sua famiglia dalla miseria, nel 1968 il navigatore amatoriale Donald Crowhurst partecipò in solitaria alla Golden Globe Race, la circumnavigazione del mondo in barca a vela indetta dal Sunday Times, cui concorsero perlopiù marinai professionisti in cerca di nuove sponsorizzazioni. Lo scafo della Teignmouth Electron è stato trovato un anno dopo al largo delle isole Bermude, mentre del suo capitano sono rimasti soltanto i diari di bordo, compilati freneticamente con notizie false circa il suo tragitto.
Al di là della morale – di per sé banale – che invita ad affrontare una sfida impossibile in virtù di una giusta causa, nella folle e coraggiosa impresa di Crowhurst risuona ora la metafora dell’artista agli esordi, della fatica di trovare una propria voce, emergere e soddisfare le crescenti aspettative secondo una logica evolutiva continua.
E così è stato, un passo alla volta, per il maestro nordico Jóhannsson: dalla rivelazione di “Englabörn” (Touch, 2002) alla consacrazione con “Fordlandia” (4AD, 2008), primi passi decisivi in direzione di uno stile fortemente emozionale e cinematico, tale da non poter eludere il contatto con la settima arte; dunque una vittoria ai Golden Globe (“La teoria del tutto”), due candidature agli Oscar e tre ai BAFTA, in un climax interrotto prematuramente e con il rimpianto della mancata partecipazione al più ambizioso progetto di Denis Villeneuve, “Blade Runner 2049”.
C’è tuttavia un aspetto che in qualche modo rende la soundtrack di “The Mercy” una raccolta di brani preziosa ed esaustiva: come spesso accade, infatti, la colonna sonora include anche brani dello stesso autore editi in precedenza, creando un inatteso compendio dei tratti distintivi della sua poetica.
Mentre le aggraziate orchestrazioni originali ricalcano il romanticismo soavemente malinconico del biopic su Stephen Hawking – prima collaborazione con lo stesso James Marsh – nel pieno della tracklist ritornano alcuni languidi temi da “Orphée” (“Good Morning, Midnight”, “The Radiant City”, “A Pile Of Dust”) e altri estratti dal repertorio per documentari – tre da “Free The Mind” (“Innocence”, “Meditation”, “Radio”) e due da “Copenhagen Dreams”.
Tra le ventidue sequenze figura anche un breve frammento dall’esordio: una versione rimasterizzata di “Karen býr til engil”, bozzetto per glockenspiel e una tessitura elettronica in trasparenza, che offre un’istantanea del linguaggio neoclassico che prendeva lentamente forma all’alba del nuovo secolo.
Sebbene “The Mercy” non sia stato concepito come testamento artistico, facendone le veci riesce a trasmetterci tutto ciò che lo stile di Jóhann Jóhannsson ha rappresentato e di cui ci ha fatto dono in questi anni. Anche senza timoniere, la sua barca continuerà a prendere il largo verso un orizzonte luminoso, dimentica dei dolori ai quali ha dato voce tramutandoli in un quieto splendore.
* Di prossima uscita anche “Mary Magdalene” di Garth Davis, con Rooney Mara e Joaquin Phoenix.
13/02/2018