Juliana Daugherty

Light

2018 (Western Vinyl)
alternative-songwriter

Charlottesville. Virginia. Lei è Juliana Daugherty: figlia di due musicisti (un trombettista e una violinista), cantautrice al suo esordio per la Western Vinyl.
Il suo album, “Light”, accorda folk e indie-rock, ma non chiamatela folksinger.

Lo spirito malinconico che pervade le tristi e solitarie canzoni della cantautrice americana è asservito a tematiche urbane. C’è un’insana urgenza dietro le dolorose ed eteree melodie: non è infatti il candore e la serenità delle campagne ad ispirare le canzoni di “Light”, ma quella funesta spada di Damocle che volteggia sulla civiltà moderna: la depressione.
Non a caso gli accordi del primo brano, “Player”, non lasciano adito a errori d’interpretazione. L’universo intimo ed emotivo della Daugherty è più vicino al rauco romanticismo di Angel Olsen o Lucy Dacus. Nei frangenti più delicati s’intravede perfino un tocco noir e on the road che non dispiacerebbe a Lana Del Rey (“Baby Teeth”).

E poi c’è la voce: educata, colta, ricca di modulazioni perfette anche per il jazz o il blues, a volte commovente (“Sweetheart”), spesso discreta e inquieta (“Bliss”).
Quando poi incrocia accordi solitari e aspri (“Revelation”) tocca l’anima come la punta di un coltello arroventato, tirando fuori tutta la solitudine e il sopito rancore.
Gli scenari sonori sono sempre essenziali: a volte primeggia il suono sordo dei tamburi (“Player”, “Light”), le chitarre emergono senza travolgere (”Baby Teeth”, “Revelation”), il piano tratteggia i toni più cupi ed elaborati (“Light”), non di rado l’elettronica aggiunge un velato pathos (“Sweetheart”, “Come For Me”), arrivando perfino a stravolgere il mood emotivo con un uptempo che sembra sbucare dalle session di “Blue” (“Easier”).

Difficile dire se Juliana Daugherty lascerà un segno indelebile in questo affollato anno di ottime performance femminili; di sicuro “Light” evita la prevedibilità di molte autrici folk, prima con l’asimmetrica armonia della title track, che non sfigurerebbe nel repertorio di Kari Bremnes, poi scivolando ancor più nel mistero e nell’oscurità con l’evanescente “Come For Me”.
Nel tentativo di far affiorare sentimenti e paure nascoste, l’autrice rivela più di quanto sia lecito attendersi, sconvolgendo con dissonanze armoniche l’apparente calma di “California” e prosciugando di qualsiasi impatto emotivo lo straziato e straziante cantato di “Wave”. Ed è grazie a questa manifesta vulnerabilità che riesce a creare un reale contatto psichico con l’ascoltatore: dolore, paura e depressione diventano vibrazioni, suoni, parole, cosi reali e cosi vicine, ma forse non più invincibili.

29/08/2018

Tracklist

  1. Player
  2. Baby Teeth
  3. Revelation
  4. Sweetheart
  5. Bliss
  6. Easier
  7. Light
  8. Come For Me
  9. California
  10. Wave




Juliana Daugherty sul web