Oker

Husene våre er museer

2018 (Sofa)
free improvisation, avanguardia

"Le nostre case sono musei": ho rimuginato parecchio su questo titolo, cercando di interpretare al meglio il suo rapporto con la musica del neonato ensemble norvegese Oker, immancabilmente edito dalla Sofa di Ingar Zach. Sulle prime credevo si trattasse di un commento sottilmente ironico, atto a paragonare le comuni abitazioni a collezioni di personaggi e oggetti curiosi, magari un po' obsoleti, interessanti ma solo fino a un certo punto. Poi ho finalmente capito (o almeno credo): le case sono in effetti luoghi di conservazione, immobili e ammobiliati, mentre è là fuori, nella natura, che si compie un rinnovamento costante, come una rivoluzione perpetua tra vita e morte biologica.

Questo per dire che, ancora una volta, è nata in terra scandinava una formazione da camera che elude qualsiasi riferimento a classicismi europei e d'oltreoceano, immersa com'è nella spontanea mimesi coi fenomeni acustici di un ecosistema parallelo, reimmaginato con sensibilità attraverso le proprietà timbriche – diremmo quasi “fonetiche” – di ciascuno strumento.
È infatti innegabile che anche qui la musica si renda essenzialmente linguaggio: un eloquio inintelligibile ma parimenti intrigante, poiché ciascun idioma a noi sconosciuto suona proprio come una melodia estranea, una fluida composizione verbale sorretta dalle proprie regole e sonorità specifiche.

E il dialogo senza parole di questo ennesimo, anomalo quartetto nordico unplugged somiglia al congresso di varie specie animali della foresta, creature la cui tassonomia rimane incerta e alle quali sarebbe difficile associare versi distintivi. Ovunque vi conduca l’immaginazione, l’aspetto più evidente di queste para-armonie spontanee è la debordante ricchezza di soluzioni sonore, tali da far credere a un organico molto più ampio del semplice quartetto.
Non mancano le occasionali aperture tonali, come brevi riprese di fiato da un ostinato ermetismo, ma i passaggi più avvincenti rimangono indubbiamente quelli che si fanno beffe degli stilemi e tecniche d’eredità accademica: chitarra (Fredrik Rasten) e contrabbasso (Adrian Fiskum Myhr) vengono sfregati senza traccia di melodia, come il frusciare del terreno sotto il peso piuma di piccoli mammiferi; la batteria di Jan Martin Gismervik è attutita da uno strato di feltro, oppure picchiettata alla maniera ornitologica; la tromba di Torstein Lavik Larsen è pura punteggiatura, flebile alfabeto Morse che in nessun caso rivela la squillante identità dell'ottone.

Impossibile tenere razionalmente traccia di un continuo andirivieni fra naturalismo e astrazione, neoclassicismo inortodosso e free improvisation, categorie nuovamente ibridate con una vibrante immediatezza tale da caratterizzare sempre più l’etichetta Sofa come equivalente di un genere musicale a sé stante, troppo curioso e innovativo per rimanere un semplice orgoglio locale. Con operosa umiltà, la scena norvegese si mantiene alla testa dell’avanguardia acustica europea, offrendo visionari spunti per un possibile ritorno alle origini della produzione di suoni.

18/04/2018

Tracklist

  1. Drivved
  2. Furer
  3. Kortbølge
  4. Nesler
  5. Utsyn
  6. Soldugg
  7. Ekvator