Susanna

Go Dig My Grave

2018 (SusannaSonata)
folk, alt-pop

Come ha dichiarato la stessa Susanna, "Go Dig My Grave" nasce da un interesse della cantante per le canzoni tristi e per il modo in cui se n'è fatto uso nel corso della storia. Da ciò ha preso corpo l'idea di selezionare una serie di classici moderni e cupe ballate folk raggruppate all'interno di un concept-album che restituisce un'immagine iridata e palpabile della sofferenza, testimoniandone la presenza nel corso delle epoche e rendendo manifeste le cause della sua esistenza.

Anche a un ascolto distratto, infatti, appare chiaro come ogni nota ripetuta, allungata, sfilacciata e straziata dalla voce supplicante di Susanna sia di per sé un'affermazione limpida della più riservata disperazione. Ma gli oscuri lamenti della cantante seguirebbero banalmente un moto rettilineo se non ci fosse la strumentale (minimale e sottile ma spesso abbastanza affilata da lacerare i timpani e impiantarsi nei nostri centri di piacere) a stravolgerne l’andamento, permettendogli di arrischiarsi in strade trasversali, deviando prima verso destra, poi verso sinistra, avanti e indietro, sopra e sotto.
Con l’aiuto di un'arpa, un violino di Hardanger e una fisarmonica – suonati rispettivamente da Giovanna Pessi, Tuva Syvertsen e Ida Hidle – la cantante riesce così definitivamente a "sprofondare nell’abisso", generando una musica che si sottrae alle restrizioni dello spazio e sfugge al rigore del tempo, infrangendo le distanze tra personale e universale.
"Go Dig My Grave" parla di morte, di tristezza e di depressione, mentre instaura un rapporto esclusivo con i nostri sentimenti e li oggettiva nella tangibile presenza dei suoi suoni.

Non è forse vero che per poter parlare della vera gioia sia necessario aver conosciuto la sofferenza? Sembrerebbero suggerirlo gli abitanti del brano "Freight Train" quando, guardandosi alle spalle, negli angoli bui dell'idillio pastorale costruito da Susanna e dal suo trio, notano che la tristezza, languida, con gli zigomi sporgenti, il volto scavato e la pelle diafana, li sta osservando di nascosto.
La tristezza e il desiderio della morte sono le protagoniste anche della successiva "Cold Song": un corpo esanime strappato a forza dal ventre gelido dell'eternità chiede di poter tornare da dove è venuto; intorpidito, non sopporta la fatica che la respirazione e il movimento gli richiedono.
Allo stesso modo la musica, insieme alla voce di Susanna, arranca e indugia, come se dei grossi pesi legati intorno alle caviglie la obbligassero a fermarsi dopo ogni passo. C'è un'inesorabile tensione nel brano, che sgorga proprio dall'estenuante andirivieni di suoni che nascono e muoiono di continuo. Nulla è però più vicino alla morte della piatta quiete di "The Willow Song": un sapiente utilizzo della monotonia avvicina il brano al rigore metodico del minimalismo, prima che la traccia venga investita dalle correnti lievi e irrazionali dell'arpa, che la sottraggono alla compostezza iniziale inducendola a un atteggiamento più affettivo.

"Wilderness" – celebre brano dei Joy Division – è l'opera-coronamento di un disco che prova a ritrarre la disperazione da punti di vista sempre più ravvicinati, è il momento esatto in cui il dramma personale si trasforma in dramma cosmico e la fiducia nell'uomo, nella ragione e nella religione muore; è la figurazione musicale e poetica delle atrocità commesse dagli uomini sugli uomini, in nome della fede e della conoscenza. La splendida versione di Susanna non ha molto a che fare con l’originale: movimenti cauti e un vortice di rumori, che attanagliano l’ascoltatore costringendolo in un angolo di devastante paranoia, si sostituiscono alla ritmica spedita e pulsante e allo sferragliamento di chitarra della traccia originale.
Uno dei momenti sensorialmente più piacevoli di "Go Dig My Grave" è la rivisitazione di "Perfect Day" di Lou Reed: arrangiato a regola d'arte, il brano circoscrive l'immaginazione dell'ascoltatore in una stanza semibuia e monocromatica, illuminata di sbieco; Susanna chiude così l'album con la stessa grazia oscura con cui lo ha iniziato: il sole sorge di nuovo per mostrare con la sua luce una realtà fatta soltanto di ombre ("Just a perfect day/ you made me forget myself/ I thought I was someone else, someone good").

15/02/2018

Tracklist

  1. Freight Train 
  2. Cold Song 
  3. Invitation to the Voyage
  4. Rye Whiskey 
  5. The Willow Song 
  6. Go Dig My Grave
  7. Lilac Wine
  8. Wilderness 
  9. The Three Ravens
  10. Perfect Day 

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