Cacophony

Kkum (Dream)

2019 (NHN)
songwriter, glitch-pop, art-pop

Non soltanto elettronica (in tutte le sue più moderne e sfaccettate manifestazioni) e rock: ad arricchire un già fittissimo parterre indipendente coreano accorrono numerosi cantautori, forti di un'avvincente versatilità espressiva e di un ambizioso profilo estetico, con cui circoscrivere interi mondi sonori. Tra i vari che hanno dato una spinta significativa al canzoniere nazionale (diversi dei quali sono stati discussi anche su queste pagine), il nome di Cacophony è tra quelli che più si sono distinti negli ultimi anni, a fronte di un approccio obliquo alla forma canzone e di un'accortezza produttiva di prim'ordine, che sa giustapporre con trasporto poetico armonie neoclassiche, sofisticazioni jazz e decostruzioni elettroniche. “Kkum” (“sogno” in coreano) è sotto diversi aspetti la radicalizzazione dell'estetica già avviata con “Harmony”, tanto in un corredo sonoro più flessibile e dinamico (quando non abrasivo) quanto in una maggiore profondità della scrittura, che cesella ballate intense, vibranti, tanto ardenti quanto l'amore che raccontano. Una conferma di pregio, per un talento prossimo a emergere seriamente.

Dapprima sospesa in un'illusione fatale, in una passione che consuma tutto attorno a sé (il primo blocco di nove canzoni), successivamente costretta a riflettere sui cocci di una relazione giunta al suo termine (il terzetto conclusivo), l'autrice si infiltra senza ritrosie nelle pieghe di una storia vissuta con dolorosa ma sincera partecipazione, senza alcun addolcimento della pillola. Ne deriva un'esperienza rigorosa, indubbiamente intrisa di emotività e ardore, mai però sopra le righe, interessata a dipingere con quanta più fedeltà possibile gli sconvolgimenti interiori della musicista.
È un canto austero, capace però di rapide ascese emozionali, quello che impatta sul valzer mascherato di “Return”, appena increspato da qualche sottile linea di elettronica decostruita; una cooperazione che in “This Universe Is You” tocca il suo apice espressivo, per una torch-song dalle striature glitch che sconfessa i cliché strutturali della ballata d'amore, annullando i ripetuti ritornelli e climax vocali, a favore di un'inattesa esplosione finale.

Se la lingua francese diventa il veicolo del momento della risoluzione definitiva (una “Tu me dis” che spinge con forza sul pedale della manipolazione elettronica e della variabilità melodica), “Please” richiama la carica drammatica di un'altra granda figura della canzone coreana quale Lee Sang-Eun, sposandone la stessa attitudine jazz in un doloroso vortice lirico, con cui delimitare i confini di una delle più affascinanti cantate da camera degli ultimi anni.
C'è pure spazio per un toccante episodio acustico (“The Whole World”) e per vellutate inflessioni oniriche (l'obliquo candore di “Song Of Silence”), ogni frangente sa come rendersi decisivo per la costruzione di una storia tanto antica quanto l'umanità stessa, ma che non smette di ammaliare con assoluta puntualità. Pienamente sbocciata, consapevole delle sue fini doti narrative, l'autrice supera brillantemente la seconda prova discografica, pronta a misurarsi con progetti ancora ambiziosi. E chi lo sa che non possano arrivare gli stessi riconoscimenti tributati a un Mid-Air Thief o a una Minhwee Lee...

14/01/2020

Tracklist

  1. Gwihwan (Return)
  2. Tahiti
  3. I uju neaun dangshin (This universe is you)
  4. X
  5. Believe
  6. Tu me dis
  7. Jebal (Please)
  8. On bam (The Whole Night) (ft. Yu Seungwoo)
  9. I Am Sorry
  10. Fate
  11. Chimmuk e norae (Song Of Silence)
  12. Parallel World


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