Koenraad Ecker & Frederik Meulyzer

Carbon

2019 (Subtext)
ambient/elettronica sperimentale

È molto probabile che in Rete, negli articoli degli ultimi anni, vi sia capitato di incrociare l’immagine della Svalbard Global Seed Vault, la monolitica cassaforte che conserva le copie di ciascun seme che potrebbe tornare utile all’umanità nel caso di una crisi ambientale di proporzioni macroscopiche. Insomma, se c’è un simbolo concreto in grado di riassumere le visioni distopiche che ossessionano la nostra contemporaneità, si tratta di questo.
Ma nemmeno questo prezioso patrimonio genetico è al sicuro tra i ghiacci dell’arcipelago norvegese: i rapidi cambiamenti climatici ne stanno infatti intaccando lo stato di permafrost, così che persino le speranze riposte in questo torreggiante scrigno biologico potrebbero vanificarsi.

Il nuovo progetto di Koenraad Ecker e Frederik Meulyzer, i due sound artist che sinora usavano firmarsi come Stray Dogs, ha origine da un sopralluogo effettuato nel 2016, occasione in cui hanno collezionato numerosi field recordings utili alla composizione delle musiche originali per una performance di danza del collettivo Zero Visibility – “Frozen Songs”, presentata quest’anno anche in Italia per l’Equilibrio Festival di Roma.
Oggi tale produzione rivive anche in formato album per la benemerita Subtext, destinazione del tutto appropriata per gli stilemi cui fanno capo Ecker e Meulyzer. E benché sia possibile riscontrare qualche traccia della lezione tramandata dal binomio Reznor/Ross, in “Carbon” ritroviamo tutta l’efficacia e la sete di sperimentazione che il premiato duo sembra aver accantonato tra una commissione e l’altra.

L’articolato svolgimento dei dieci brani qui confluiti è un complesso ed eclettico tratteggio di paesaggi sonori, certamente inquieti e allarmanti, ma che raramente cedono a stilizzazioni da soundtrack apocalittica, e che in ogni caso attraversano una gamma di soluzioni espressive tanto ampia da non avvertire alcun déja-vu ricorrente.
L’opera non cede, insomma, alla tentazione di rappresentare un roboante epilogo per l’umanità, e anzi si arroga la massima libertà nella manipolazione e nell’ibridazione di suoni acustici ed elettronici, a maggior vantaggio di un eccentrico sguardo interiore anziché di un’esplicita narrazione immaginifica.

“Growth” porta in primo piano l’incedere sincopato di un violoncello che più avanti darà adito a dissonanze acustiche in forma astratta, tra venti gelidi ed eco di profonda desolazione (“Silent Spring”, “Melting Refuge”); sopraggiunge poi la ritmica irregolare e sovreccitata di “Commons”, attraversata da sintetizzatori sci-fi alla Supersilent che lanciano sguardi incrociati verso l’orizzonte dell’ignoto; “Harvest” sembra invece ricalcare il solco di passi lenti e faticosi nella neve, il battito di un cuore sulla strada per un temporaneo rifugio dalle intemperie, che ritornano nella coda naturalistica di “Metabolic Rift”, forse l’unica fotografia en passant di questo deserto all’estremo confine del globo. Solo con le fanfare infernali e il solenne martellare del lungo finale “Carbon Cycles” si arriva a esplicitare un climax sommamente drammatico, una dichiarazione forse inevitabile sulle conseguenze dell’aggravarsi climatico.

Come in tanti altri casi, il pre-testo che fa da sfondo a “Carbon” non vi sarà di particolare utilità al momento dell’ascolto, il quale basta decisamente a se stesso per evocare riconferme e presagi sulla nostra condizione attuale, e non soltanto in relazione alla minaccia ambientale. Da par loro, Koenraad Ecker e Frederik Meulyzer hanno saputo plasmare gli elementi dati in un mix avvincente e tutt’altro che didascalico, meritevole di uno spazio nel catalogo della lungimirante etichetta berlinese diretta da James Ginzburg.

16/11/2019

Tracklist

  1. Enclosure
  2. Growth
  3. Commons
  4. Harvest
  5. Dormancy
  6. Metabolic Rift
  7. Silent Spring
  8. Sea Change
  9. Melting Refuge
  10. Carbon Cycles


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