Emptyset

Blossoms

2019 (Thrill Jockey)
elettronica sperimentale

Siamo ormai poco distanti dall’avvento degli androidi come li aveva profetizzati Philip K. Dick, e se anche fosse improbabile che ottengano la capacità di sognare e provare sentimenti, di certo le loro doti di apprendimento saranno rapidissime e di una vastità inimmaginabile. La scena elettronica degli anni Novanta – ma per esattezza dovremmo risalire sino all’epopea computerizzata dei Kraftwerk – ha tentato di precorrere i tempi del progresso tecnologico immaginando la musica delle macchine, l’automazione creativa del suono sintetico: oggi questa prospettiva si capovolge, e con l’ultimo avanguardistico progetto del duo Emptyset (James Ginzburg e Paul Purgas) assistiamo alla creazione da parte di un’intelligenza artificiale della propria abnorme “storia naturale”.

Esito di uno studio di diciotto mesi attorno a un sistema di reti neurali artificiali, “Blossoms” – di nuovo pubblicato da Thrill Jockey – racchiude mezz’ora di conformazioni ritmiche e timbriche esenti da un ulteriore intervento umano. Ogni traccia è titolata con un elemento minimo della pianta fiorita, dal petalo allo stame, dal bulbo al polline: in effetti, si ha l’impressione di ascoltare non un microcosmo del tutto alieno, ma piuttosto il rovescio di comuni tessuti organici, affondando tra le venature invisibili del Creato sino a intravederne la segreta logica.
Battiti e contrazioni muscolari inconsulte (“Petal”, “Pollen”), lente fughe prospettiche sottocutanee (“Blade”, “Clone”), chiassosi cicli riproduttivi cellulari (“Axil”, “Filament”) e fluide correnti di particelle atomiche (“Bulb”): sono solo alcune delle potenziali suggestioni offerte dal fervente apparato di composizione generativa, nutrito con le più sensibili formule e proprietà che la materia sonora possa assumere, raggiungendo nell’arco di mezz’ora un grado di malleabilità sconcertante.

Nel mio personale orizzonte teorico, “Blossoms” esemplifica alla perfezione quella “estetica del collasso” che continua a esprimersi variamente nel crescente catalogo Subtext, diretto dallo stesso Ginzburg. Anche senza considerarne i presupposti tecnici, l’ultima (non)creazione del duo inglese spalanca scenari assieme inquietanti e morbosamente affascinanti, non più sinistro presagio ma viva e pulsante testimonianza di un’arte che mira a originarsi in completa autonomia, magari permettendoci di provare dopo tanto tempo uno stupore inedito, benché la minaccia sia rivolta alla preziosa creatività e al libero arbitrio dell’essere umano.

11/10/2019

Tracklist

  1. Petal
  2. Blossom
  3. Bloom
  4. Pollen
  5. Blade
  6. Axil
  7. Filament
  8. Bulb
  9. Stem
  10. Clone

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