Marry Waterson & Emily Barker

E’ psych-folk educato, dalle liriche dense e descrittive, quello contenuto nelle dodici tracce che compongono il primo lavoro a quattro mani di Marry Waterson ed Emily Barker. Inglese dai contorni più “classic” la prima (la mamma Lal, scomparsa nel 1998, è stata una celebre folksinger), australiana, più giovane, eclettica e “upbeat” la seconda: assieme generano un mix superiore alla somma delle sue parti. Merito anche degli arrangiamenti curati da Adem Ilhan, miglior attore non protagonista dell’intero album, e dei contributi portati da Lukas Drinkwater (basso e chitarre) e Rob Pemberton (batteria), entrambi nella live band della Barker.

Le due signore dimostrano di saper manovrare tanto la tradizione quanto il contemporaneo, spostandosi con naturalezza da una “Twister” che nasce dalle folk ballad dei Fleetwood Mac, versante Christine McVie, a una “Perfect Needs” che pare un outtake della Courtney Barnett più ispirata, con tanto di coretti à-la Yo La Tengo, sino a una “Little Hits Of Dopamine” che si candida al ruolo di miglior brano in programma. Proprio quando il contorno musicale si fa più pieno, l’album regala i frutti migliori, specie nella prima parte della scaletta.

Cammin facendo ci si imbatte anche nel banjo di “I’m Drawn”, che porta in dotazione decise tracce della migliore “americana”, nel delizioso minimalismo d’antan di “Trick Of The Light”, e in quel pianoforte che (con l’ausilio degli archi) in “Going Dark” riesce a scavare sin dentro le vene. “A Window To Other Ways” è il risultato di una collaborazione buona per tutte le orecchie, indispensabile per i nostalgici del miglior folk d’autore prodotto negli anni 70. Quello che sotto pelle serbava ancora gli ultimi rivoli delle utopie hippie, ma già sapeva discutere dei problemi sociali dell'epoca immediatamente sucessiva.

04/04/2019