Quarto capitolo della saga “Coin Coin” per Matana Roberts, un nuovo affascinante viaggio nella memoria storica del popolo afroamericano affidato a un’esplorazione sonora corale e a una narrazione aspra ed emotivamente angosciante.
La realtà di Memphis filtrata dal ricordo della nonna è l’elemento antropologico di un album che rimette in libertà una tradizione musicale fatta di blues, cajun e jazz arcaici.
Un progetto liricamente fluido e instabile, una sequenza di elaborazioni ancor più radicali e screziate, che sconfinano in un’orgia noise al limite del caos, dove la peculiare tecnica di collage sonori di Matana Roberts raggiunge vertici ineguagliabili.
Dialoghi, parole pregnanti in libertà, free-jazz, country, violini dai toni ora poetici ora brutali, sax dal forte impatto descrittivo e visionario, cacofonie strutturate, sacro e profano, vibrafoni, campane, fisarmoniche e tante voci: una serie di elementi creativi pronti a modellare un moderno jazz destrutturato.
Complici del nuovo magico capitolo, Hannah Marcus (Godspeed You! Black Emperor) e Sam Shalabi (Land Of Kush), perfetti artigiani di quel mix di passato e presente che tra urla, declami e un frenetico mosaico di tradizione e avanguardia mira a svegliare le coscienze più che a confortarle.
Con “Coin Coin Chapter Four: Memphis” l’artista rimarca con forza la volontà di non associare la propria identità creativa alla complessità delle regole della musica jazz. Aver puntato su un’etichetta come Constellation per questa notevole avventura è segno di una scelta legata alla contaminazione e all’idea dell’altro come concetto utile a superare le barriere ideologiche sulle quali si fonda il razzismo.
Ferma restando la forza dell’insieme delle dodici tracce, i quasi dieci minuti di “Trail Of The Smiling Sphinx” sono pura estasi creativa: citazioni e frammenti culturali si susseguono tra poliritmie frenetiche, arie di musica popolare, turbinii free, scampoli di romanticismo, che nel loro insieme si insinuano sottopelle.
C’è molto da sorseggiare e gustare, in “Coin Coin Chapter Four: Memphis”: il tono indolente e felicemente rilassato e giocoso di “Fit To Be Tied”, la profondità carnale del gospel “Her Mighty Waters Run”, o l’evoluzione espressiva del canto che partendo dalla lucida follia di “As Far As The Eye Can See” espugna una spiritualità che travolge e incanta nella breve liturgia finale di “How Bright They Shine”.
Progetto monumentale e culturalmente fuori da qualsiasi strategia produttiva contemporanea, la serie “Coin Coin” di Matana Roberts è ancora ben lungi, per fortuna, dall’essere conclusa. Pur rimarcando il fascino più incisivo e vibrante di questo nuovo atto, va sottolineato che per l’artista la funzione primaria è affidata più al racconto storico che alla musica; quest’ultimo elemento funge da raccordo alle molteplici suggestioni che hanno radici nell’esperienza e nella sofferenza dell’umanità.
Se, come dichiarato dall’artista, la sequenza dei capitoli è stata scomposta da necessità creative personali, non ha forse senso compararne la valenza artistica. Va preso atto che siamo di fronte a un unicum culturale che lascerà un segno indelebile in questo terzo millennio.
23/10/2019