Saor

Forgotten Paths

2019 (Avantgarde)
folk, black metal

Dopo tre dischi usciti sulla tedesca Northern Silence Productions, il progetto scozzese Saor (che risponde al nome di Andy Marschall) giunge al quarto capitolo della sua esistenza grazie all’interessamento della nostrana Avantgarde, da ben venticinque anni storica label di riferimento nel panorama internazionale legato al metal estremo.

“Forgotten Paths” si rivela fin da subito il lavoro più curato e maturo per Saor, un termine che in gaelico significa libero da costrizioni. Il disco spicca immediatamente il volo con la title track, undici minuti struggenti che penetrano fin sotto la pelle. Il riffing serrato della prima parte dipinge scenari solenni e maestosi, ricalcando sotto alcuni aspetti il sound dei quasi conterranei Winterfylleth (inglesi di Manchester), per poi mescolarsi con le tipiche influenze folk ormai parte integrante di un tessuto musicale finalmente esaltato da una produzione bilanciata e convincente.
Come se non bastasse, la seconda metà del pezzo è affidata alle vocals di Neige, la malinconia degli Alcest al servizio di Madre Natura, per un tuffo nelle incantevoli suggestioni scozzesi avvalorato dalle parole prese in prestito da una poesia di Neil Munro:

Wild cries the Winter, and we walk song-haunted
Over the moors and by the thundering falls
Or where the dirge of a brave past is chaunted
In dolorous dusks by immemorial walls.
Though rains may thrash on us, the great mists blind us
And lightning rend the pine-tree on the hill
Yet we are strong, yet shall the morning find us
Children of tempest all unshaken still

Il violino è il protagonista indiscusso della successiva “Monadh”, sempre in bilico tra impennate folkeggianti e passaggi introspettivi in chiave atmospheric black metal, l’ennesima magia catturata da questo personaggio proveniente - ironia della sorte - dalla caotica e industriale città di Glasgow. Ma la musica proposta da Andy Marschall sembra invece voler radere al suolo ogni compromesso con la modernità, recuperando una tradizione ancestrale che esplode definitivamente nella meravigliosa “Bròn” (ispirata ancora una volta a un testo di Munro), un brano in cui il ritornello è affidato alla voce femminile di Sophie Rogers: si tratta di un uggioso omaggio alle proprie origini e a un paesaggio nel quale la presenza umana scompare davanti alla potenza della natura (“there’s deer upon the mountain, there’s sheep along the glen, the forests hum with feather, but where are now the men?”).

Chiude l'album la strumentale “Exile”, una sorta di cornice acustica che si esaurisce dopo neppure cinque giri di lancetta, per un totale di trentotto minuti essenziali e puri come l’acqua che sgorga alla sorgente. “Forgotten Paths” è tutto qui, un disco di qualità che rinuncia giustamente alla quantità, alle lungaggini che spesso appesantiscono opere di questo tipo.
Il primo scorcio di questo 2019 trova in Saor una grande sorpresa che si pone ben al di là delle nostre aspettative, l’ennesimo sentiero percorso da un genere musicale che giustamente sa anche rinunciare al suo integralismo originario per regalarci perle di questo spessore. La Scozia come non l’avete mai sentita.

26/02/2019

Tracklist

  1. Forgotten Paths
  2. Monadh
  3. Bròn
  4. Exile


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