Austria, Vienna: luoghi che difficilmente appartengono all’immaginario rock, più facile pensare al concerto di fine anno che a un’energica cascata di chitarre e ritmi robusti, ancor più immediato e semplice evocare il nome di Falco, dunque dell’unico prodotto che l’Austria è riuscito a esportare fuori dai confini patri.
In verità basta citare tre nomi per smentire questa premessa, sì, perché i nostri lettori hanno avuto modo di apprezzare artisti come Fennesz, Bilderbuck e Soap & Skin, esempi lampanti di una realtà contemporanea sfaccettata e in movimento.
Seguito di un interessante Ep, il primo album degli austriaci The Holy Spirit Of Nothing è un'altra piccola sorpresa dalla vecchia Europa, un disinvolto indie-rock fuori tempo massimo, che assorbe fluidi neo-psichedelici, sonorità new wave, jangle-pop e una poetica spiritual-blues che ricorda i Doors.
“Mellaux” è un album che ipnotizza l’ascoltatore con una sequenza di riff e armonie calde e malinconicamente familiari, che conoscono a fondo gli angoli reconditi dell’anima.
Tre chitarre, basso, batteria e synth modellano un corposo flusso psych-rock, che mette insieme le prime suggestioni sixties (“Never Call”), le più dense digressioni anni 70 (“Never Call”, “Head Drone”), le pulsioni West Coast anni 80 (“High”), i residui indie-rock (“Circles”, “CPR”), le movenze più malsane del jangle-pop (“Oh Lord”) e il moderno revival dei Brian Jonestown Massacre (“Scared”).
Una scrittura variegata e personale disperde l’effetto deja-vu, lasciando che a comunicare sia solo la musica: elegante, orgogliosa, agrodolce, sciamanica, ma soprattutto figlia di quel mondo di luci e ombre che da sempre mette in moto l’energia del rock’n’roll.
01/02/2020