Con ottant'anni di onorata attività celebrati nel 2019, la Blue Note è probabilmente tra le etichette discografiche jazz più conosciute di sempre. Anche se il marchio ha ormai passato svariati cambi di amministrazione nel corso del tempo, il solo nome continua a portarsi dietro un branding imponente e capace di travalicare oltre i soliti fruitori del genere. Così la Decca - divisione incaricata al mantenimento del catalogo Blue Note in Inghilterra - ha pensato di onorarne l'anniversario chiamando a raccolta sedici musicisti e affidando a ognuno di loro un classico da reimmaginare a piacimento - espediente peraltro già avvallato non solo dalla stessa Blue Note in varie occasioni, ma anche dalla concorrente Verve con la celebre serie di compilation "Remixed".
In linea con l'evoluzione del genere, i nomi qui chiamati a raccolta non provengono solo dal mondo jazz più puro, ma anche dal
nu, dal soul, dall'r&b e dalla dance; "Blue Note Re:imagined" non è quindi un progetto per jazzofili intransigenti, quanto piuttosto un'occasione per la Decca di ampliare l'orizzonte verso un pubblico più eterogeneo, foss'anche il solo popolo indie di
webzine come la stessa OndaRock. Nel suo misto tra tradizione secolare e rincorsa agli
hype del momento, il risultato dà comunque i propri frutti.
Apre le danze la presenza immensamente
cool di
Jorja Smith, se non la voce più bella dell'attuale panorama soul inglese, sicuramente l'unica capace di riprendere la famosissima (e invero molto poco "cantabile") "Rouse Rogue" di
St Germain e piegarla al proprio volere - mirabile il modo in cui la ragazza entra ed esce dall'organico del pezzo con assoluta naturalezza, comandandone l'andamento senza mai togliere lo spazio al resto dei musicisti in studio.
Benvoluta anche la londinese
Poppy Ajudha (già fresca quest'anno di una collaborazione apparsa sull'acclamato "
Dark Matter" di Moses Boyd), che qui si misura con "Watermelon Man (Under The Sun)" di Herbie Hancock, tessendo sopra l'originale solo strumentale un testo tutto nuovo. Attuale nome di punta del circuito Brownswood, il
songwriter Skinny Pelembe contribuisce con un'onirica versione
fourth world di "Illusion (Silly Apparition)".
Sempre a cavallo tra
chill-out,
electro-soul e
dub, come i celebri connazionali
Fat Freddy's Drop, il neozelandese Jordan Rakei si cimenta invece con una cullante e rarefatta versione di "Wind Parade" di Donald Byrd. L'inconfondibile timbro vocale di Yazmin Lacey prosciuga "I'll Never Stop Loving You" dal patinato
glamour hollywoodiano di Doris Day e la trasporta in un intimo localino in un sottoscala di Camden Town.
Dal vivace sottobosco del jazz anglosassone fanno presenza alcuni tra i nomi più lanciati del momento;
Nubya Garcia al sax dona una calda e pacata interpretazione di "A Shade Of Jade" di Joe Henderson, e se l'
Ezra Collective rielabora "Footprints" di
Wayne Shorter in una versione più ordinata e minimalista, Alfa Mist dal canto suo sfora i nove minuti di durata con la dilatata
jam dai sapori psichedelici di "Galaxy".
Dal numeroso collettivo Steam Down (tra gli otto e i dieci elementi, a seconda di come va la giornata), e con la presenza del
vocalist Afronaut Zu, giunge invece il curioso taglio afrocentrico di "Etcetera", brano già impiegato nella colonna sonora del videogioco "Fifa 21", mentre il duo Blue Lab Beats si mette in mostra con una "Montara" dove il motivo di vibrafono dell'originale di Bobby Hutcherson viene sorretto da un
beat innestato con l'hip-hop. Originariamente di Hutcherson anche "Prints Tie", qui rielaborata dall'immancabile
Shabaka Hutchings in un vischioso sabba di ipnotici vortici
noir e fraseggi
free.
Bisogna comunque aspettare il finale per alzare i Bpm con l'adrenalinica "Caribbean Fire Dance" a cura
Melt Yourself Down (freschissimi dell'ottimo "
100% Yes"), e la dipartita finale di "Speak No Evil (Night Dreamer)", dove la dj e musicista Emma-Jean Thackray allunga la mano ai piatti per un ultimo giro sul
dancefloor.
"Blue Note Re:imagined" punta senza vergogna sul classico who's who per incuriosire l'ascoltatore, ma nonostante il navigato avvallo manageriale alle spalle, riesce a inanellare comunque una serie di ottimi momenti, dove qualità e creatività viaggiano di pari passo. La varietà dell'offerta - equamente distribuita tra pezzi strumentali e una buona selezione di voci sia maschili che femminili - fa del progetto un ascolto completo e gratificante a pelle. Magari il risultato non sarà nulla di nuovo per chi già conosce a menadito tutti gli originali in catalogo, ma se è vero che il jazz sopravvive anche grazie alla continua riproposizione dei suoi standard più gettonati, allora "Blue Note Re:imagined" è un buon modo per continuare a esplorarlo nell'anno 2020.
21/10/2020