Chloë March

Starlings & Crows

2020 (Hidden Shoal)
dream-pop, chamber-folk

Una di quelle parole magiche che a volte riesce a catturare l’attenzione del lettore è sottovalutato/a. Mi riesce in verità difficile appellare Chloë March con il termine sottovalutata, perché in questo caso siamo di fronte a una vera e propria trascuratezza da parte di critica e pubblico, nonostante l’artista inglese abbia appena varcato la soglia del quinto album (il penultimo “Amialluma” era condiviso con Todd Tobias).

Forse non dovrei sorprendermi della poca attenzione finora rivoltale, considerando le linee guida della musica della cantautrice londinese, più propensa a quel rock impercettibile stile Hugo Largo, dove il ruolo delle percussioni e delle chitarre è quantomeno accidentale. L’evanescente e raffinato chamber-pop di Chloë March non passerebbe inosservato se fosse pubblicato a nome di artisti più celebri (ad esempio, Kate Bush o David Sylvian). C’è un’estrema vulnerabilità in queste undici creazioni che non può essere apprezzata in pieno senza che le venga dedicata attenzione e pazienza.
Sia ben chiaro che “Starlings & Crows” non è un album difficile o pretenzioso, il candore della voce e le armonie dalle tonalità autunnali e oniriche sono un linguaggio facile da comprendere e interpretare.

Diafane (la title track), moderatamente sintetiche (l’affascinante“Turn Fox Then”), raramente palpitanti (l’intonazione del piano in  “All Things Good”), melodicamente fragili (il synth-folk sinfonico di “Neon Emerald Sequin”), lievemente retrò (il tempo di valzer in “To A Place”), concise (la sontuosa “Remember That Sky” e la romantica “Chroma Bather”) o evanescenti (“High Hay”), le creazioni chamber-folk e dream-pop di Chloë March sono baciate da una inconsueta bellezza.
“Starlings & Crows” è un disco dalle fragranze delicate e penetranti, quasi un'aroma-terapia affidata alle sette note. Non mancano riferimenti letterari ("Alice nel paese delle meraviglie" in “Looking Glass Lawn), o storici (l’atterraggio sulla luna in “Landing 1969”), ma l’elemento prevalente è l’estrema cura del dettaglio degli arrangiamenti, un elemento che, unito alla profondità e intensità emotiva della raffinata e mai stucchevole padronanza vocale dell’autrice, conferma Chloë March come una delle eredi della magia di Kate Bush e delle meno note Heidi Berry e Virginia Astley.

04/04/2021

Tracklist

  1. Landing 1969
  2. Turn Fox Then 
  3. High Hay 
  4. To A Place 
  5. Starlings & Crows
  6. All Things Good 
  7. Chroma Bather
  8. Remember That Sky
  9. Neon Emerald Sequin 
  10. Here Or There 
  11. Looking Glass Lawn 




Chloë March sul web