Dream Syndicate

The Universe Inside

2020 (Anti-)
psychedelic rock

Come riporta un post apparso di recente sul profilo Facebook di Steve Wynn, "la nuova formazione dei Dream Syndicate è stata insieme ormai più di sette anni, più o meno quanto quella originale. Credo che quella che stiamo realizzando in questo momento sia la nostra migliore musica di sempre e il prossimo disco sarà il culmine dell'intero viaggio". Che il leader della band americana redesse pienamente nel nuovo corso intrapreso sotto l'immarcescibile vessillo del Sindacato del sogno era certo, altrimenti non l'avrebbe rispolverato, proseguendo invece la prolifica e soddisfacente carriera solista intrapresa negli anni 90 e protrattasi fino allo scorso decennio. Proprio per questo, toni così enfatici hanno fatto drizzare le antenne ai numerosi estimatori della band del Paisley, una schiera ormai trans-generazionale.
Alcuni di essi hanno paventato il peggio: uno scioglimento, un nuovo, lungo iato. Così fosse, e comunque non sarebbe prima di un lungo tour (che prenderà luogo, lockdown globale permettendo, appena la band sarà capace di proporre il complesso "The Universe Inside" live nella sua interezza; fonte, ancora una volta, i prolifici account social di Wynn), il lascito di questa fase due dei Dream Syndicate sarebbe comunque importante, dalla qualità non trascurabile e costante.

In alcuni suoi tratti, "These Times" già lasciava intravedere il desiderio della band di liberarsi di briglie quali la forma canzone e le reminiscenze, invero da tempo sbiadite, del Paisley underground delle origini; accade in brani come "Black Light", che si avventurano in notturne trance sciamaniche sotto la luna del deserto, abbracciando un'idea di psichedelia sempre più totalizzante e destrutturata, fluida.
Nel suo presentarsi come un liquido e versatile flusso psichedelico, sgorgato da lunghe jam d'altri tempi in studio, "The Universe Inside" è un'adesione totale all'assenza di schemi, un viaggio free form che rifiuta ordini e predeterminazioni.
L'unica concessione al passato di gran scrittore di canzoni di Wynn sono alcune, penetranti frasi pronunciate dal cantante con la solita cadenza Reed-iana in "The Longing". Ma sono briciole sparse in una non-canzone per adescare le prede più riluttanti al totale abbandono psicotropo, così come il fondale di parole che scorre dietro le trame astrali di "Apropos Of Nothing", prima che la ciurma di vecchi manigoldi spaziali si avventuri in un inseguimento interstellare sulle coordinate degli Hawkwind.

Già rilasciato come singolo, il brano che apre il viaggio interiore di "The Universe Inside", "The Regulator", è una virata scioccante dai canoni e dalle durate usuali (pur non nuova a brani fiume sulla decina di minuti, la band non aveva mai incentrato un disco interamente su questi) dei Dream Syndicate: un monolite psichedelico di venti minuti e rotti, che sparge nello spazio il lascito allucinato delle lunghe sessioni dei Grateful Dead e le scosse elettriche jazz di Miles Davis epoca "Bitches Brew". Dennis Duck e Mark Walton, motore ritmico del Sindacato in entrambe le incarnazioni, sono infaticabili nel tracciare un percorso tra queste costellazioni psych-jazz, fin qui turbinanti, eternamente distese poi ("The Slowest Rendition").
In "Dusting Off The Rust", aguzzi sassofoni free jazz coadiuvano la sezione ritmica nel lavoro pneumatico di scrostatura, spostando il disco dallo spazio profondo al vecchio motore arrugginito di una cabrio abbandonata su una route desolata del New Mexico. Jason Victor, chitarrista e uomo-cardine dei nuovi Dream Syndicate, insegue le cavalcate di Wynn e il suono psichedelico perfetto, il graffio di chitarra capace di scardinare i meccanismi di difesa della psiche. Una ricerca sperimentale ma profondamente cosciente e riconoscente verso la tradizione, come quando ricalca una frase di "Third Stone From The Sun" di Jimi Hendrix addentrandosi nelle sue cavità più buie ("Apropos Of Nothing").

"How Did I Find Myself Here?" è stato il disco del ritorno, una sorpresa dalla freschezza abbacinante che ha aggiunto preziose gemme a un canzoniere già mitico, "These Times" il ponte fotonico che lega quelle canzoni senza tempo all'antimateria interiore sperimentata in "The Universe Inside", un disco che è insieme viaggio e punto di approdo. L'ennesimo traguardo raggiunto in una carriera che, alla soglia dei quarant'anni di attività, conosce pochi pari.

15/04/2020

Tracklist

  1. The Regulator
  2. The Longing
  3. Apropos of Nothing
  4. Dusting Off The Rust
  5. The Slowest Rendition


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