JARV IS... Jarvis Cocker

Beyond The Pale

2020 (Rough Trade)
alt-pop, synth-pop

Must I grow up? (Yes, yes, yes, yes)
Must I grow old? (Yes, yes, yes, yes)
Must I join in? (Yes, yes, yes, yes)
And do as I'm told? (Yes, yes, yes, yes)

E dunque rieccolo, Jarvis Cocker, alle prese con una sfilza di domande esistenziali dettate dall'incedere della mezza età. Più amletico di un personaggio shakesperiano, l'ex(?) leader dei Pulp – depositati nella naftalina a tempo indeterminato, dice – si guarda allo specchio e prova a tirare qualche somma. Nonostante la band che si è creato attorno - Serafina Steer (arpa, tastiere, voce), Emma Smith (violino, chitarra, voce), Andrew McKinney (basso, voce), Jason Buckle (synth, elettronica) e Adam Betts (batteria, percussioni, voce) – non esiste probabilmente album cockeriano più declinato in prima persona di “Beyond The Pale”. Del resto, basta leggere titoli come “Must I Evolve?”, “Am I Missing Something?” o “Sometimes I Am Pharoah”, spesso declinati in tono interrogativo, per cogliere la dimensione esistenziale e del tutto personale di questo repertorio.

Tutto questo spiega anche il perché “Beyond The Pale”, che interrompe un lungo silenzio inframezzato soltanto dal riuscito “Room 29” con il pianista canadese Chilly Gonzales, sia un album più umbratile di quanto Cocker provi a far credere. C'è ad esempio più nostalgia che voglia di festeggiare, nelle riflessioni di “House Music All Night Long”, un titolo che lascerebbe presagire tutt'altre atmosfere. Con questo non si vuole affermare che il disco sia una parata di canzoni amare, intendiamoci, tuttavia il Nostro sembra più che mai alle prese con riflessioni che è difficile stabilire a quali conclusioni possano portare.

Se dovessimo tenere presenti le domande di cui sopra, nonostante le risposte affermative del coro, saremmo tentati di ribadire che Jarvis Cocker non ha alcuna intenzione di invecchiare, né di allinearsi. Il repertorio di questi Jarv Is è forse ciò che più si avvicina ai Pulp, manco a farlo apposta. Brani ancora più scarni, con i synth in bella mostra, ma che non rinunciano a lanciarsi in lievi orchestrazioni condotte per mano dal violino, come in “Save The Whale”, forse il momento più riuscito, con tanto di bisbiglio ammiccante à-la Serge Gainsbourg. Il synth-pop di “Am I Missing Something?” è improntato a un minimalismo melodico tutto nuovo, seppur aperto a un crescendo finale, in un contesto che rimanda ai tempi di “This Is Hardcore”.

Pur non avendo realizzato, va detto, un album particolarmente ispirato, il buon Jarvis riesce a tirare fuori dal cilindro quel pugno canzoni sopra le righe: oltre ai due pezzi appena citati, senza dubbio una “Sometimes I Am Pharoah” che introduce una vena avanguardista tutto sommato inedita e, al contempo, riuscita, e pure una “Children Of The Echo” che sfodera un gran ritornello dalle strofe più cincischianti del lotto. Bizzarro, tra l'altro, che in quest'ultima, così come in “Sqanky Modes”, Cocker sembri fare il verso all'Albarn più maturo, come se la scena brit fosse ancora un gioco di specchi.

Che fare, allora, di “Beyond The Pale”? Come valutarlo? Da un lato, dobbiamo ammettere che non è l'album che può ricompensare di tanti anni di silenzio discografico. Dall'altro, è un'opera che si rivela con gli ascolti, e in fin dei conti potrebbe anche bastare a chi è cresciuto a pane e Pulp.

22/07/2020

Tracklist

  1. Save the Whale
  2. Must I Evolve?
  3. Am I Missing Something?
  4. House Music All Night Long
  5. Sometimes I Am Pharoah
  6. Swanky Modes
  7. Children of the Echo




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