Jay Electronica

A Written Testimony

2020 (Roc Nation)
hip-hop, songwriter

40 days, 40 nights, trying to live up to the hype
It's the road less traveled, it’s the one who missed the flights
Hov hit me up like: What, you scared of heights?”
(“The Blinding”)

Tredici anni di fervente attesa spazzati via in 40 giorni e 40 notti. Paure, incertezze e la consapevolezza di aver già perso più di un’occasione. Infine, un amico, Hov (leggasi Jay-Z), che alza il telefono e chiede se il problema non sia, in fondo, la paura delle vette e, quindi, dell’eventualità della caduta. Sembra un romanzo ma è realtà, magari romanzata. La gestazione dell’album di debutto dell’ormai quarantatreenne Jay Electronica ha fatto montare l’hype fino a rendere l’artista di New Orleans una figura dalle sembianze mistiche, affascinante, nonostante in più di una decade abbia sfornato qualche singolo rilevante (tra cui “Exhibit C”, da recuperare) e poco più.

Electronica è un pensatore, un poeta, una sorta di profeta che t’immagini errante nel deserto più che in uno studio di registrazione. Proprio come Mosè e i suoi 40 giorni e notti sul monte Sinai. L’esegesi biblica suggerisce come il numero 40 indichi il tempo necessario affinché ciò che è importante, all’interno del percorso di ognuno di noi, si compia. Tra ostacoli, cadute e prove da dover affrontare.
“A Written Testimony” è importante. Lungo le 10 tracce che lo compongono l’ascoltatore intraprende un percorso allucinato, spirituale eppure imperfetto, sofferente. Electronica, anche produttore di buona parte delle convincenti strumentali, infarcisce le sue liriche di rimandi religiosi, parabole intrecciate a racconti di vita quotidiana: ne esce fuori un quadro complesso, disorientante, disordinato ma al tempo stesso estremamente centrato e privo di fronzoli. A cominciare dall’apertura di “The Overwhelming Event”, la cui base orchestrale e mastodontica accoglie le parole di Louis Farrakhan, leader controverso della Nation of Islam e assertore della teoria che identifica, nel popolo afro-americano, il “popolo eletto”. Una presa di posizione netta che non deve tuttavia confondere. Sebbene palesi la sua militanza, la visione, nel suo insieme, è ad ampio raggio e abbraccia un vasto spettro di confessioni religiose e rispettive letture, purché funzionali al racconto e alla costruzione, verso dopo verso, del cosmo colorato che l’artista ha in testa.

In “The Neverending Story” (produzione della carriera per The Alchemist, tra chitarre accennate, piatti e cori dilatati) Electronica, con voce assorta e profonda, elabora un verso incentrato su riferimenti apparentemente sconnessi. Tramite riti d’iniziazione, la personale lotta contro il Diavolo, i cinque pilastri dell’Islam, Khomeini e il suo utilizzo della fatwa in Iran, arriviamo a comprendere quanto questo lavoro sia, inoltre, fortemente ancorato ai tempi, persino ai giorni, che stiamo vivendo (“What a time we livin' in, just like the Scripture says/ Earthquakes, fires, and plagues/ the resurrection of the dead”).
Poi, nei 4 minuti e oltre di “Universal Soldier” il viaggio diventa, per l’appunto, universale. Supportato da una base dal respiro profondissimo e cullato dal cantato sognante di James Blake, il soldato declama la sua visione (“My poetry’s living like the God that I fall back on…/ When I spit, the children on the mothership bow on a platform”); salvo poi tornare a occuparsi di faccende terrene, per di più politicizzandole come nel soul campionato di “Fruits Of The Spirit” ("My people out in Flint still bathin' in the slaughter/ ICE* out here rippin' families apart at the border/ Satan struck Palestine with yet another mortar”).
Ognuna delle dieci strumentali, e ognuna a suo modo, contribuisce perfettamente all’atmosfera d’insieme, senza inciampi e con code mai ridondanti.

Capitolo a parte: il ruolo dell’amico. Abbiamo accennato a Jay-Z, che con la sua label Roc Nation ha prodotto l’album. Jay-Z che, oltre a figurare di diritto tra le firme più ispirate e prolifiche dell’industria hip-hop di ieri, oggi e, probabilmente, domani, è anche uno spavaldo miliardario, estremamente narciso e self-confident. Al tempo stesso malleabile, adattabile. Non figura, da scaletta, tra gli ospiti del disco; alla prova dei fatti, ne è la seconda metà. Presente nel corso dell’intero album (ad eccezione di un paio di tracce), spalleggia l’altro Jay vestendo, di volta in volta, panni diversi. Una prova, quella del veterano newyorkese, sbalorditiva.
I due si rimpallano a vicenda, dando vita a episodi esaltanti come in “The Blinding” (col featuring di Travis Scott) e “Flux Capacitor”, le più tamarre del lotto, irresistibili.

C’è voluto tempo e il necessario supporto del collega armato di coraggio. “A Written Testimony” è qui e somiglia tanto al suo creatore. Un testamento di inizio carriera, talmente completo da poterne suggellare, sin d’ora, anche la fine. Il tempo, ancora una volta, fornirà la risposta.

Sleep well
Lately, I haven't been sleepin' well

I even hit the beach to soak my feet and skip some seashells...
Sometimes I wonder, do the trees get sad when they see leaves fell

Sleep well
("A.P.I.D.T.A.")

* US Immigration and Customs Enforcement

28/03/2020

Tracklist

1. The Overwhelming Event
2. Ghost of Soulja Slim
3. The Blinding feat. Travis Scott
4. The Neverending Story
5. Shiny Suit Theory feat. The-Dream
6. Universal Soldier 
7. Flux Capacitor 
8. Fruits of the Spirit
9. Ezekiel's Wheel feat. The-Dream
10. A.P.I.D.T.A.

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