Kutiman

E’ la Tanzania il luogo che dona l’humus al nuovo progetto del musicista israeliano Ophir Kutiel, alias Kutiman. “Wachaga” è un excursus sonoro dalle profumazioni psichedeliche e soul-jazz nato da registrazioni sul campo, l’ennesima conferma di un musicista capace di sorprendere ad ogni nuovo passo discografico.

Il progetto ha le proprie radici nel 2014, anno nel quale l’artista ha raccolto suoni e immagini in un quartiere situato ai piedi del Kilimanjaro, quasi un field recording, quello assemblato da Kutiman, tra canti, danze ed esibizioni estemporanee catturate nella quotidianità. Il passo successivo è stato quello di una destrutturazione e distorsione delle immagini registrate in sincrono con la musica e le danze, un racconto di un mondo reale filtrato dallo sguardo indiscreto di un osservatore d’eccezione, ovvero il musicista Ophir Kutiel.
Il sassofonista Shlomi Alon, il trombettista Sefi Zisling e il trombonista Yair Slutzki sono i complici di Kutiman, co-autori di una sceneggiatura spiritual/jazz che fonde astrattismo e utopia concettuale, mentre fiati e tastiere creano ascetiche rivisitazioni delle registrazioni sul campo (“Fireflys Before Tomorrow”, “Maasai”), senza esasperare il versante tecnologico, creando un’interazione visionaria tra voci, strumenti e i video assemblati a corredo: nove brani e nove video.

Senza dubbio “Wachaga” è il disco più etnico e spirituale del musicista (“A Giant Snail”, “Tanzania”), i fraseggi jazz prevalgono sui loop (“Rainbow Kilamanjaro”,” Ngorongoro”), che continuano altresì a contraddistinguere lo stile dell’israeliano (“Lost In The Bush”, “Copasavana”), un dispensatore di album dal fascino obliquo e inusuale. Se non avete mai incrociato l’eccentrico e psichedelico jazz-soul-funk-etno di Kutiman, questa è l’occasione giusta per farsi ammaliare dall’originale sinergia tra tradizione e rinnovamento.

19/12/2020