Luluc

Dreamboat

2020 (Sun Chaser)
indie-folk

La perfetta sintesi di scrittura e arrangiamenti del duo australiano Luluc è racchiusa nel titolo del loro terzo disco “Sculptor”: dieci canzoni, altrettante sculture sonore, palpabili, fisiche e tangibili, la prova della maturità che ha svelato il talento dei due musicisti. Nonostante il successo di "Sculptor", Zoë e Steve hanno deciso di non pubblicare il loro quarto disco per Sub Pop e di distribuirlo dunque in maniera indipendente, attraverso la piccola label Sun Chaser, una scelta che ne ha ritardato la pubblicazione fisica (l’undici dicembre) rispetto alla diffusione digitale (23 ottobre).

Da sempre originalità e intensità vanno di pari passo per Zoë Randell e Steve Hassett, non sorprende dunque che il nuovo album “Dreamboat” si apra con una delle canzoni più avventurose dei Luluc, “Emerald City”, nella quale è custodita la genesi di un progetto temerario e ben diverso dal precedente. La tessitura delle canzoni dei Luluc resta introspettiva, nonostante il duo provi a tenerne salda la purezza armonica, come quando per “Gentle Steed” opta per una registrazione live con piano e contrabbasso in evidenza. La scelta però di riaffidare ad Aaron Dessner la regia e la produzione dona uno spessore insolito alla fragile bellezza delle composizioni. C’è un’inquietudine di fondo in “Dreamboat”, catturata in pieno dal delizioso contrasto tra dolcezza e rumori elettronici nella splendida “Emerald City”, ed è la stessa ansia che sottintende alla pur carezzevole ballata stile Simon & Garfunkel “All The Pretty Scenery”.

“Dreamboat” è un album ricco di sogni e speranze, coltivate durante il non facile periodo di registrazione dell’album (“Dreaming”). Il duo è infatti rimasto in isolamento forzato lontano da casa per colpa della pandemia, ma è anche la consacrazione di una formula folk-pop che non ha perso lo smalto avventuroso degli esordi. Sono sempre essenziali e coincise le canzoni dei Luluc, spiritualmente punk quando affrontano un canovaccio country con ritmiche frastagliate e jazzistiche, suoni alterati di wurlitzer e basso che tengono sotto costante tensione l’ottima “Hey Hey”, o quando al centro dell’angelica “Weatherbirds” le infiltrazioni di chitarra ed elettronica si fondono in un delizioso dream-folk celtico.

L’estrema snellezza e concisione delle armonie non può che rimandare ancora una volta al miglior Paul Simon, un paragone che più che limitante è gratificante per i Luluc; canzoni come “Spider” e “Out Beyond” sono più che degne dell’ingombrante paragone con il musicista americano, non solo per l'ottima scrittura ma anche per la grazia degli arrangiamenti che nel flebile suono del sax in “Out Beyond” (Stuart Bogie) raggiunge una delle vette espressive del duo.

La dolente e minimale poetica di Zoë Randell e Steve Hassett non smette di stupire, sia che il duo scelga le complesse trame del folk britannico anni 70 (“The Screw Ups (Pt. I)”) che la mestizia folk-pop (“Daydream (Pt. II)”), regalandoci un altro prezioso antidoto alla mercificazione della musica pop-rock.

25/03/2021

Tracklist

  1. Emerald City
  2. All The Pretty Scenery
  3. Dreaming
  4. Hey Hey
  5. Weatherbirds
  6. Gentle Steed
  7. Spider
  8. Out Beyond
  9. The Screw Ups (Pt. I)
  10. Daydream (Pt. II)




Luluc sul web