Ottodix

Entanglement

2020 (Discipline)
elettropop
7.5

In questi tempi bui di forzato isolamento e socialità confinata nell’ambito asettico dei social, dove pubblicare un album che di fatto non si può promuovere rasenta l’azzardo, esiste qualcuno più pazzo di altri che idealizza in musica un viaggio attraverso i cinque continenti, gli oceani e le regioni polari. Una sorta di "Ventimila leghe sotto i mari" di Verne, canzone per canzone, alla ricerca di un ultimo luogo remoto, lontano dall'intreccio dell'iperconnessione globale. Un trip lisergico che prende il via dalla cabina di un sommergibile (che poi è la casa in cui siamo confinati, con internet a fare da periscopio) guardando il mondo che crolla da un oblò, per dirla alla Gianni Togni.

Ma Ottodix, moniker dietro cui si cela l’artista trevigiano Alessandro Zannier, non è nuovo a questo modus operandi. Praticamente tutti gli album pubblicati a suo nome nascono infatti come concept-album, e quest'ultimo non sfugge alla regola. Se il precedente, ottimo "Micromega" – uno dei dischi più belli del 2017 a detta di chi scrive - rappresentava un percorso cosmico che dalle micro-particelle arrivava ai sistemi di universi attraverso canzoni ispirate alla fisica, all’astronomia e alla filosofia, con "Entanglement" si intraprende un viaggio intorno alla Terra alla ricerca di quelle connessioni spesso invisibili che legano uomini, animali e cose, e quindi tutto ciò che accade.
Già dalla copertina, che riprende una creatura marina nel suo habitat naturale, si comprende quale sarà il filo conduttore che lega le quattordici canzoni del disco: i tentacoli della piovra, infatti, rappresentano la correlazione fra eventi in contemporanea distanti migliaia di chilometri, tema che si riallaccia alle problematiche ecologiche e del riscaldamento globale e che si oppone al principio fisico della località dei sistemi, secondo cui oggetti distanti non possono influenzarsi tra loro in tempo zero.

L’album è tutto un susseguirsi di metafore concettuali che legano ogni brano a situazioni geografiche diverse. Per esempio, il primo singolo "Pacific Trash Vortex" prende spunto da un vero continente di spazzatura galleggiante che si estende nel sud dell’Oceano Pacifico e lo fa diventare un gorgo, ai confini del mondo, che digerisce e risputa la rabbia e l’odio latente dell’uomo-social e dell’ignoranza diffusa e manipolata. Un territorio simbolicamente inquinato da veleni cosparsi ad arte e dalle fake news, una terra vergine di nuovi leader pronti a piantare una bandiera nella spazzatura, autoproclamandosi dittatori.
E no, non bisogna tacciare di sovranismo populista Ottodix quando in "Europhonia", una delle vette di Entanglement, sentenzia:  “Seguivo te metropolinauta/ tra le musiche balcaniche ed il nordico design/ e si scopava tra un Erasmus e un Inter Rail/ Ora è tardi non ho tempo mandami un’e-mail/ Siamo come gli europei non ci capiremo mai/ come gli europei, chiusi tra di noi/ con la polvere negli occhi/ fermi come torri nella guerra degli scacchi/ ora non diresti che eravamo viaggiatori e marinai noi/ un tempo", descrivendo alla perfezione, con lucido cinismo, una lunga e impossibile storia d’amore tra chi è diviso su tutto, ma tenta la convivenza in una casa comune, arredandola con una lingua utopistica (l’esperanto), scambi di idee e libertà di movimento, per poi chiudersi a riccio a difesa dei propri interessi, non appena fuori soffia aria di tempesta.

Musicalmente, Flavio Ferri dei Delta V, ancora in cabina di regia dopo l’ottimo lavoro svolto in "Micromega", ha lavorato sui demo contribuendo a un'impostazione più umana, più ruvida, meno sintetica, se vogliamo, e quindi più adatta ai temi trattati. La prima parte in cui si percorrono i continenti "infestati" dall'uomo e da secoli di civiltà, per esempio, è più aggressiva e rumorosa se parliamo di suoni e arrangiamenti. 
Al giro di boa delle americhe ("Columbus Day"), quando il viaggio prosegue nell’Atlantico verso l'isola di Tristan da Cunha (il più remoto insediamento umano del mondo), inizia la parte più silenziosa e ancestrale del disco, alla ricerca della disconnessione dal caos, e anche la musica si fa più eterea, quasi rarefatta, dominata dalle strings, alcune sintetiche e altre registrate in presa live con un quartetto d'archi. Curioso poi l’inserimento di alcuni ingredienti etnici per dare più colore e connotazione ai continenti descritti nelle canzoni.

La parte ambient, una sorta di instrumental drone music divisa in cinque capitoli e dedicata agli oceani, è la vera novità rispetto al passato, frutto di una lunga session di improvvisazione sonora nello studio spagnolo di Ferri, che lo stesso producer ha decostruito ricavandone singole tracce strumentali.
L’idea di base era di avere intercapedini sonore (synth analogici e macchine vintage, theremin compreso) che marcassero la distanza tra i due blocchi del disco, aiutando le orecchie ad affrancarsi dal carico dei testi e dei suoni dei continenti sovrappopolati e caotici. E non poteva che essere la title track a suggellare l’album, di cui è anche la summa, il manifesto programmatico con la sua teoria di causa-effetto dei danni nel nostro pianeta. Ce lo insegna l’entanglement (intreccio), fenomeno della fisica quantistica in cui due particelle separate e lanciate a distanze enormi continuano a interagire istantaneamente.

“Il mondo come un ologramma dove se un solo pixel si guastasse 
sbiadirebbe l’universo, e avremmo tutti quanti perso”. Un brano emozionante ed emozionale, retto da delicati arpeggi di piano e archi, con un ritmo dimezzato quasi trip-hop a chiudere un disco bellissimo, spunto di riflessione imprescindibile, comunque la si pensi sul futuro del pianeta Terra. Quello che la musica può fare.

02/04/2020

Tracklist

  1. Permafrost
  2. Europhonia
  3. Mesopotamia
  4. Gengis Khan
  5. Sub Pacifica
  6. Pacific Trash Vortex
  7. Columbus Day
  8. Sub Atlantica
  9. Isole Remote
  10. Africa By Night
  11. Sub Indiana
  12. Maori
  13. Antartica
  14. Entanglement


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