Pet Shop Boys

Hotspot

2020 (X2)
electropop, pop

Indefessi, immarcescibili, i Pet Shop Boys attraversano i decenni con la loro macchina del tempo dance, lasciando in ciascuno di essi qualche immancabile perla. Ovvio che suddette gemme non cadano più a grappoli, come capitava in quella autentica golden age che Tennant e Lowe vissero a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, ma ogni nuovo album ne contiene di preziose. Succede anche con questo "Hotspot", terzo capitolo di una trilogia prodotta da Stuart Price (iniziata con il freschissimo "Electric" del 2013) che il nuovo decennio quasi lo inaugura.

Registrato agli storici Hansa Tonstudio di Berlino (quelli, tra le altre cose, di "Heroes" e "Low"), "Hotspot" è pregno di umori e simboli della capitale tedesca, mutuandone viaggi in treno verso la benestante Zehlendorf o le iconiche piastrelle turchesi della stazione metro di Alexanderplatz (che adornano la copertina del singolo "Dreamland"). Vero e proprio atto d'amore verso la città, il disco ne intrappola principalmente l'atavica, nebbiosa melanconia, innescata dalle divisioni post-belliche e protrattasi fino a questi giorni di faticosa resistenza alla gentrification.
Il sentimento viene tradotto in musica sotto forma di numerose ballate, che se non superano almeno eguagliano i brani con i beat in rilievo, tracciando un fil rouge con "Behaviour" del 1990 (disco umbratile dei Pet Shop Boys per antonomasia). La più bella, nonché potente nel trasmettere il suo mood mesto ma confortevole, è "Burning the Heather", spazzolata com'è da un riff di chitarra dell'ex-Suede Bernard Butler e addobbata da delicate note di xilofono.

Tra i brani arzilli spiccano l'europop di "Happy People" e quella "Dreamland" che quasi suona come un passaggio di testimone consegnato nelle giovani ma già navigate mani degli Years And Years, mentre le voci di Olly Alexander e Neil Tennant si sovrappongono in un dolce abbraccio elettropop. Un po' coatta e forzata è invece "Monkey Business", scelta peraltro come terzo singolo.
Non si fa in tempo a chiedersi se "Wedding In Berlin" sia dedicata al quartiere multiculturale situato a nord di Mitte o veramente alluda a un matrimonio a Berlino, che al beat techno più nitido del lotto vengono interpolati sample della marcia nuziale di Mendelssohn. La ritmica davvero ficcante e l'innata simpatia del duo non salvano il brano dall'investitura a peggiore closing track di una carriera.

28/01/2020

Tracklist

  1. Will-o-the-wisp
  2. You are the one
  3. Happy people
  4. Dreamland (feat. Years & Years)
  5. Hoping for a miracle
  6. I don't wanna
  7. Monkey business
  8. Only the dark
  9. Burning the heather
  10. Wedding in Berlin


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