Sven Wunder

Wabi Sabi

2020 (Piano Piano/ Lights In The Attic)
library music, etno-jazz-psych

Inatteso, al di sopra di qualsiasi lecita aspettativa, l’esordio di Sven Wunder resta uno degli avvenimenti discografici più interessanti degli ultimi tempi, accolto con favore sia dal pubblico che dalla critica.
Non mi ripeterò sull’incredibile fenomeno che ha accompagnato la diffusione delle prime 300 copie di “Doğu Çiçekleri” /”Eastern Flowers”, precoce oggetto di collezionismo, quanto sull’originalità di un disco che, nonostante il passare dei mesi, conserva intatta tutta la magia scaturita dalla sfolgorante miscela etno-world-jazz-rock, ispirata dai profumi floreali della vecchia Anatolia.

Nel nuovo album del musicista svedese, “Wabi Sabi”, quel che muta è lo scenario naturale oggetto del viaggio virtuale e musicale dell’artista, una premessa concettuale dalla quale consegue una logica, ma non scontata, modifica delle suggestioni sonore e culturali. La musica tradizionale giapponese e le fascinazioni spirituali esercitate sulla sensibilità occidentale sono il punto nodale di “Wabi Sabi”: le radici della sperimentazione e realizzazione, infatti, hanno un’identità ben delineata.

Sul fronte orientale, Sven ha concentrato l’attenzione su due figure storicamente importanti per la definitiva evoluzione e consacrazione di strumenti tradizionali come il flauto di bambu, o shakuhachi, la profondità e il fascino più austero di Hōzan Yamamoto e la contaminazione con il jazz di Minoru Muraoka sono dunque i due poli all’interno dei quali sbocciano le delicate armonie dai profumi orientali.
Alla library music del tedesco Victor Cavini e alle purtroppo poco note escursioni lounge/library di Rino De Filippi, spetta il compito di sintetizzare e filtrare le suggestioni etno-folk che contraddistinguono i vari capitoli del disco.
Viaggio affascinante e per alcuni versi perfino più intrigante di quello affrontato nell’ottimo “Eastern Flowers”, il nuovo itinerario sonoro di Sven Wunder profuma di Oriente e di romanticherie mitteleuropee, ma anche di jazz fusion e funky-soul da moderna blaxploitation.

Ampliata la tavolozza sonora, anche le composizioni si aprono a nuove forme di bellezza, a partire dalle lussuose stratificazioni di synth e tastiere di “Hanami”, dove le essenze floreali giapponesi si sposano alla perfezione con la sensibilità tutta svedese delle modulazioni armoniche.
Non si pensi che la gioiosa miscela di sonorità sia stata frutto di un processo alchemico semplice: Wunder ha sperimentato scale pentatoniche, modifiche dei tempi ritmici e reinvenzioni armoniche di strumenti come l’arpa e il sitar per dar vita a piccole perle etno-fusion (“Shinrinyoku”) e ad autentiche pagine spirituali (“Blanket Fog Descends”). L’album scorre come una sequenza sonora fluttuante, affine alle illusorie allegorie del teatro giapponese (l’evocativa title track e la poetica “Onsen”), a volte sfiorata da aritmie funk che profumano di esotico (la geniale “Bamboo And Rocks”).

“Wabi Sabi” è un progetto che risulta stimolante sia per un fan del progressive (“North Wind Rattles The Leaves”) sia per un adepto dell’elettronica (l’incrocio delizioso tra antico e moderno di “Kachōfūgetsu”) o della musica lounge (l’incredibile romanticismo di “Komorebi”); altresì incute rispetto sia tra i cultori del jazz (il brio multicolor di “Yūgen”) sia tra i funambolici seguaci della psichedelia (le evoluzioni etno-jazzy di “Host Winds Arrive”).
La genialità di un disco come “Wabi Sabi” è racchiusa nella natura asimmetrica e quasi disarmonica delle continue mutazioni degli elementi. Il risultato è un contrasto di dolcezze e provocazioni sonore destinate a conservare il loro fascino in eterno.

Che Sven Wunder avesse il tocco magico era già palese, ma che la conferma fosse così repentina e così esaltante non lo sperava nemmeno il fan più incallito. Stupefacente.

19/07/2020

Tracklist

  1. Yūgen
  2. Shinrinyoku
  3. Hot Winds Arrive
  4. Hanami
  5. Komorebi
  6. Blanket Fog Descends
  7. Wabi Sabi
  8. Bamboo And Rocks
  9. Kachōfūgetsu
  10. Onsen
  11. North Wind Rattles The Leaves






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