Thy Catafalque

Naiv

2020 (Season Of Mist)
art-prog-metal, folk, elettronica

Vent'anni e passa di onoratissima carriera e non sentirli: sarà per la concezione aperta della propria arte, per un linguaggio in costante evoluzione su un nucleo espressivo perfettamente definito, per una penna dal raffinato senso della sfumatura, ma la musica di Tamás Kátai suona ad oggi più vitale che mai. Un album come “Naiv” rinnova quindi l'appuntamento con una delle menti più taglienti del metal contemporaneo, e lo fa prendendo ancora una volta in contropiede, compiendo una netta sterzata rispetto ai recenti sviluppi elettronici del pur eccellente “Geometria”. Con l'impianto metal a tornare di nuovo in pompa magna (per quanto modulato nuovamente in chiave arty, del tutto difforme da ogni ortodossia black) il nuovo progetto affonda le unghie nella vastissima tradizione ungherese, sfoderando un approccio dinamico, progressivo alla materia, trattata con tutto il rispetto e la cura che merita. Pur lanciando l'album avide occhiate al passato della sua nazione, parlare di questo come di una raccolta tendenzialmente folk-metal significa osservare il dito al posto della luna: da bravo fantasista, Kátai ha in serbo un intero arsenale di sorprese.

L'attacco di “A bolyongás ideje” non potrebbe essere più paradigmatico del cambio di rotta: l'attitudine progressiva si fa ancora più marcata, le linee di chitarra entrano in scena sin dai primi fraseggi, la miscela strumentale acquisisce un nuovo dinamismo, rimarcato anche dalle potenti alternanze vocali. Archi, flauti, citera e darbuka (non faticherete a rintracciarne i richiami levantini nel mezzo dell'impeto metallico di “A valóság kazamatái”) costruiscono solidi fraseggi melodici, sposano la dimensione folk con una completezza lessicale che passa da arcane fiabe balcaniche (i richiami ancestrali alla Lüüp di “Számtalan színek”) a limpide ascendenze jazz (l'intera sezione centrale di “Tsitsushka”, tra le più audaci composizioni di Kátai), senza disdegnare peculiari spigolosità folktroniche. Da lì che l'elettronica riempiva interi brani col fare di suite berlinesi, qui assume per l'appunto forme più ibride, diventa anticipazione del successivo tracciato melodico, ripescato attraverso richiami simil-bolero (“Embersólyom (Kalaka)”, che viaggia sulle note della memoria), oppure si tramuta in brillante coda d'atmosfera, pronta a stemperare all'improvviso i moti più impetuosi del tracciato principale.

Nel mezzo di tutto, la matrice progressiva di Thy Catafalque si evidenzia con assoluta facilità, si intrufola anche nei momenti apparentemente più piani, donando a ogni singolo brano prospettive multiple in cui rispecchiarsi. Nell'affinarsi di questo approccio (che già veniva introdotto nei maestosi cataclismi di “Tűnő idő tárlat” sedici anni addietro) l'arte del musicista ungherese ha subito continui cambiamenti di tono e significativi strappi di umore, ma ha avuto modo di fiorire nel suo sfaccettato linguaggio, tanto duro e possente quanto suadente, ricco di colore e storia. Fedele a un percorso di rara personalità, Tamás Kátai aggiunge un nuovo avvincente capitolo al suo ampio libro sonoro.

28/04/2020

Tracklist

  1. A bolyongás ideje
  2. Tsitsushka
  3. Embersólyom (Kaláka)
  4. Számtalan színek
  5. A valóság kazamatái
  6. Kék madár (Négy kép)
  7. Napút
  8. Vető
  9. Szélvész


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