Wood Brothers

Fai meglio ciò che sai fare bene. Sembra essere questo l’imperativo per i Wood Brothers: tre musicisti dal nobile background che da anni modellano folk, soul, country, blues e rock’n’roll con la stessa irruenza e freschezza di un gruppo di principianti.

La verve è ancora intatta, nonostante “Kingdom In My Mind” sia già l’ottavo disco del trio americano, un altro progetto che pur non aggiungendo nulla di nuovo a quanto detto in precedenza da Band o Grateful Dead, suona ancora una volta amabile e soprattutto dominato dal buon gusto. Il tutto merito anche del diverso background dei musicisti, infatti mentre il polistrumentista Jano Rix rappresenta l’anima più country della band, i due fratelli Wood si dividono tra fantasiose radici jazz per il bassista Chris (Medeski Martin & Wood) e dinamiche blues per il chitarrista Oliver.

Un pizzico di New Orleans e toni bluesy alla Dr John contagiano l’introduttiva e accattivante “Alabaster” e la più elaborata e ardimentosa “The One I Love”, sottolineando il grosso potenziale del live act dei Wood Brothers.
L’atmosfera da jam session in verità contamina tutto il progetto, lasciando al palo il versante compositivo, una scelta che fa fluire con brio un album piacevolmente prevedibile. Non che i Wood Brothers non provino ad affondare qualche buon colpo per rinnovare il loro repertorio, come il frenetico rock’n’roll/boogie di “Don't Think About My Death” e l’aspro country-blues “Little Bit Sweet”, ma l’atmosfera generale è abbastanza rilassata, disinvolta.

“Kingdom In My Mind” è un album meno ortodosso degli ultimi lavori della band, frutto della scelta del trio di lasciar scorrere con più naturalezza le soluzioni strumentali, tra accordi ruvidi di slide (“Jitterbug Love”), preziosi assolo d’organo (“Cry Over Nothing”) e costruzioni armoniche che, pur se prevedibili, riescono a tenere alta l’attenzione (“Satisfied”, “Little Bit Broken”), dando infine un senso creativo a un progetto che per fortuna non resta vittima dell’effetto deja-vu.

22/02/2020