Ogni adepto del verbo elettronico ha la tendenza a collocare l'algida eleganza di un sintetizzatore in una galassia piuttosto lontana da quella della canzone d'autore. Tanto futuristicamente inumana e soggetta alle leggi della matematica la prima, quanto emotivamente bisognosa di descrivere l'imperfezione del presente la seconda, il loro gioco di opposti sembra essere esclusivo appannaggio di un tipo di art/avant-pop che ha trovato il primo vero punto di riferimento in dischi fine anni Novanta come "Homogenic" di Bjork o "I'm Not A Doctor" dei Moloko.
Ancora oggi quel binomio ispira però un senso di sfida, una eccentrica necessità (spesso confinante con l'indietronica e l'electropop) di celebrare l'unione tra parole e oscillatori, brividi e onde quadre, il territorio ideale nel quale si snoda anche il percorso artistico di Stefano Giovannardi, producer milanese già noto per interessanti collaborazioni con
Cesare Malfatti e
Luca Lezziero, e arrivato oggi al secondo episodio discografico a nome Structure, la sua creatura solista.
Giovannardi mette da parte l'unico punto debole dell'
esordio, ovvero la scelta di cantare in prima persona tutte le tracce, e lavora qui su un
concept che prevede di delegare i compiti vocali a dieci autrici/interpreti della scena indipendente italiana, radunate sotto un titolo che riassume sia l'ovvio elemento portante dell'opera (una coppia di cromosomi X determina una femmina in natura) sia i riferimenti personali del suo ideatore, biologo di professione.
L'intenzione è duplice: da un lato lasciare che i featuring provino a smussare le asperità della fitta trama di texture sintetiche e ritmiche destrutturate, dall'altra permettere che lo stesso substrato tecnologico spinga ogni ospite a oltrepassare la propria comfort zone performativa, in una piccola corsa verso l'ignoto dove tutti i compiti autoriali sono divisi a metà.
Anticipata dalle puntiformi suggestioni
trip-hop del singolo "White Peacock" (con Francesca Bono degli
Ofeliadorme), la sequenza di tracce di "XX" unisce la sfuggente complessità delle macchine spesso
reznoriane (e primariamente maschili) di Structure alla sinuosa ricerca (primariamente femminile) di sfumature a livello di interpretazione, testo e linee melodiche.
Un
brainstorming riuscito, forse più nelle tracce cantate in inglese che in quelle in italiano, ma comunque sempre personale e convincente, con un parterre di ospiti che comprende Laura Boccacciari, Silvia Caracristi, Chiara Castello (già ospite sul sopracitato disco di Malfatti, e voce delle
I'm Not A Blonde), Maria Devigili,
Barbara Cavaleri,
Verdiana Raw, Manuela Pellegatta, Francesca Palamidessi dei
Monkey Tempura e Nancy Natali delle
Danso Key.
11/03/2021