Ben Seretan

Nell’intervista rilasciata di recente per OndaRock, Ben Seretan descrive la sua musica come un abbraccio, un invito a varcare la soglia per ritrovarsi in un luogo amico, confortevole. Per un artista autore di uno degli spaccati emotivi più disarmanti e avvincenti degli ultimi tempi, “Youth Pastoral”, questa dichiarazione d’intenti non è un mendace biglietto da visita, ma un’autentica esternazione di spiritualità e fede, vissute con una fisicità e una sensualità moderne, contemporanee.

Non sorprende, dunque, ritrovare Ben Seretan alle prese con un disco strumentale di bucolico chill-out, una sequenza di semplici note di pianoforte adagiate su un costante frinire di cicale, un flusso di sonorità inebriate di pace e armonia che accarezzano il silenzio, senza turbarne l’intrinseca natura riflessiva e rilassante.
Sia ben chiaro che il musicista, pur astenendosi dal canto, non rinuncia alle cupe profondità della malinconia (“Cicada Waves 2”), e non induca all’inganno l’accenno più armonico e gioioso di “8pm Crickets”: questo è un album con il quale rilassarsi in un atto di contemplazione non solo della natura ma dell’anima.

La ragion d’essere di questo flebile e delicato album strumentale di Ben Seratan è racchiusa nel fluire quasi naturale di “Rain And Cicadas” e “11pm Sudden Thunderstorm”, due brani che comunicano, senza intermediazioni, quel senso di tranquillità che la moderna civiltà tende sempre di più a sopprimere, imponendo all’umanità ritmi e tempi non naturali.
Non importa più di tanto che l’album non si distingua particolarmente dal punto di vista della composizione: queste sette pagine di ambient-minimal hanno lo stesso fascino del suono della natura, catturato attraverso il canto degli uccelli, il miagolio di un gatto, gli scricchiolii del legno, il ticchettio della pioggia.
“Cicada Waves” non promette rivoluzioni semantiche, ma un’oasi sonora nella quale trovare ristoro.

05/07/2021