Pur con all’attivo un solo vero disco (“Jinx” del 2019), i californiani Crumb, grazie a gustosi singoli sparpagliati tra succitato disco ed Ep (dei quali andrebbe certamente ascoltato “Locket” del 2017), hanno racimolato decine di milioni di ascolti su Spotify (che oggi, piaccia o no, è un efficace termometro della diffusione di una band, ben più che un piazzamento in classifica lungo una settimana) e un discreto e appassionato seguito.
La ricetta dei Crumb è di quelle semplici e sicure: indie-pop notturno, buono per bere un cocktail tra amici quanto come fondale per una chiacchierata intima. Ritmi marcati e sensuali e una voce, quella di Lila Ramani, fievole ma ammiccante, che si lascia ispirare spesso e volentieri dalle eroine del dream-pop e del trip-hop.
Nel comunicato stampa che accompagna “Ice Melt”, il cui titolo è ispirato alla mistura salina utilizzata per sciogliere il ghiaccio sulle strade, la band ci fa sapere che si tratta di un “ritorno a terra”. Non è probabilmente quello che intendeva il quartetto, ma un passo indietro dal punto di vista degli incastri ritmici sentiti in “Locket” è evidente. In questo secondo Lp tutto sembra difatti più semplice, in un certo senso meno ambizioso, di quanto sentito in precedenza. Il bassista James Brotter e il batterista Jonathan Gilad si tolgono qualche sfizio, però, nella krauta “BNR” e nell’assalto finale di “L.A.”.
Tra bassi che pompano in sottofondo come un cuore vivo e sintetizzatori al neon, l’impatto oscuro dei brani è preservato e il disco riesce spesso ad ammaliare, anche quando, come in “Trophy”, ricalca troppo la grafia dei Portishead.
Va sicuramente citata anche una “Balloon” che ipnotizza con il suo battito insistente e un giro di tastiera dal gusto orientale. Questa cura per i dettagli, frutto molto spesso dell’ingegno del talentuoso polistrumentista Brian Aronow, garantisce alla musica dei Crumb forte personalità e scongiura il rischio, corso da tante composizioni affini, di suonare come un buon sottofondo da centro commerciale.
09/05/2021