David Lance Callahan

English Primitive I

2021 (Tiny Global Productions)
folk, post-punk

Nel giugno 1986, la rivista (allora cartacea) New Musical Express pubblicò una delle sue regolari cassette per corrispondenza. Ispirandosi alla C81 di 5 anni prima, la cassetta, che comprendeva 22 tracce, interpretate da artisti che erano in gran parte sconosciuti e che avevano da poco firmato contratti con etichette indipendenti, non poteva che chiamarsi C86. Questa cassetta divenne lentamente ma inesorabilmente la compilation più venduta di sempre dell'Nme, vendendo circa 40.000 copie e venendo infine ristampata su Lp e cassetta dalla Rough Trade l'anno successivo. Quel nome, C86, è arrivato piano piano negli anni a incarnare un intero stile musicale e un'epoca. E se la C81 raccoglieva nomi importanti della scena post-punk e new wave dell'epoca, come Pere Ubu, Cabaret Voltaire, Scritti Politti, Buzzcocks, Josef K, The Raincoats, Virgin Prunes, pochi sono i gruppi inseriti nella C86 che successivamente hanno avuto un riscontro importante. In primis i Primal Scream (che all'epoca avevano pubblicato solo un 7"), poi The Pastels, The Wedding Present, McCarthy e The Wolfhounds. Al di là delle polemiche successive alla pubblicazione della cassetta (c'era chi ci vedeva una sorta di ottundimento della scena indie) C86 ha rappresentato una fotografia importante e democratica della scena indie-rock britannica indipendente che si sviluppò a metà degli anni Ottanta partendo dal post-punk.

Lanciati proprio da C86, i Wolfhounds di David Callahan e Andy Golding tra il 1987 e il 1990 pubblicarono quattro album e numerosi singoli che ottennero un discreto successo grazie al loro pop abrasivo fondato sulle chitarre. Dopo lo scioglimento della band, il cantante e chitarrista David Callahan incontrò, tramite un annuncio postato sul Melody Maker, Margaret Fiedler, cantante appena uscita dagli Ultra Vivid Scene. Ai due si aggiunsero in breve tempo il basso di John Frenett e la batteria di Miguel “Mig” Moreland. Il quartetto, visto il suo amore sconfinato per il kraut-rock, prese il nome in prestito da una delle tracce del seminale "Future Days" dei Can battezzandosi Moonshake. La band firmò un contratto con l'etichetta di riferimento dell'epoca, la Too Pure, dando sfoggio di un suono distintivo composto da poliritmie rotolanti, suono propulsivo, elettronica, dub, art-rock, kraut-rock.
Dopo un lavoro splendido come "Eva Luna" e un Ep, la Fiedler lasciò la band per formare i Laika, mentre Callahan restò fedele alla sua creatura pubblicando nel 1994 lo splendido "The Sound Your Eyes Can Follow", disco che rappresentava la visione di Callahan, desideroso di investigare più a fondo marcate influenze jazz, complesse trame ritmiche e bordate elettroniche, avvertendo l'ascoltatore, con una nota sul retro di copertina, che il disco era “guaranteed guitar-free”. Nell'album si inseguono senza sosta soul, jazz, funk, mantenendo l’alternanza vocale maschile/femminile, con l’innesto in cinque brani della (quasi irriconoscibile) voce di PJ Harvey, accreditata semplicemente come Polly Harvey.
Dopo un altro disco dei Moonshake ed un'esperienza, pessima, al Lollapalooza, Callahan si trasferì negli States per un po', riemergendo dall’oblio nei primi anni 2000 con un progetto multimediale chiamato The $urplus! insieme a una nuova partner femminile, la cantante Anja Buchuele, che troveremo anche in un altro inaspettato ritorno, quello dei Bark Psychosis. A quel punto Callahan ci prende gusto. Partecipa al progetto Manyfingers del bristoliano Christopher Cole (ex-Movietone e Third Eye Foundation), e riforma i leggendari Wolfhounds con il vecchio sodale Andy Golding, prima solo per alcuni concerti, poi trasferendosi anche in sala di incisione.

Lo scoppio della pandemia e il lockdown hanno fatto trovare a Callahan il tempo di mettere mano a una serie di canzoni cui stava lavorando da molto e di scriverne delle nuove. Per dirla con le parole dello stesso autore, "durante l'isolamento non c'era molto altro da fare se non recuperare i miei libri, filmare e scrivere canzoni". Tutto questo ha portato l'inglese a registrare le tracce che compongono i due "English Primitive" e a comporre abbastanza materiale addirittura per altri due album che, per ovvie ragioni di tempo, non ha ancora iniziato a registrare.
A fine 2021 è uscito l'atteso esordio solista, e la prima parte di "English Primitive" non ha deluso le attese, mostrando un autore maturo e poliedrico, capace di mettere in musica la visione di una Gran Bretagna divisa, una reazione allo snobismo e ai fallimenti all’interno del sistema politico britannico. La scrittura è emozionante, cupa, sincera e schiacciante come non mai.

Il disco non è un concept, ma a Callahan il titolo suonava bene in testa in quanto sembrava adattarsi al suo modo da "non-musicista" di comporre e suonare, e, più in generale, anche alla cultura e alla politica inglese che sembra aver toccato il fondo come nell'epoca post-colonizzazione con la controversa gestione della pandemia e gli appalti di parti dell'NHS a compagnie private. "Born Of The Welfare State Was I", con la sua melodia e la perfetta fusione delle voci dell'autore e di Katherine Mountain Whitaker (dei misconosciuti Evans The Death), mostra l'orgoglio di essere nato in un'epoca in cui esiste lo stato sociale, grande conquista che va a beneficiare non più solo i più abbienti ma un'intera società. La visione del mondo di Callahan è un po' malinconica ma ottimista, espressa da una schiera di musicisti scelti con cura, come il sodale batterista Daren Garratt (Pram, The Fall, The Nightingales) e il trombettista e flautista Terry Edwards (amico di gioventù ed ex-collaboratore dei Moonshake). Per non parlare della voce e della viola di Alison Cotton (Left Outsides), il cui istinto folk scuro e tormentato si adatta perfettamente al gorgo dell'ipnotica giga mediorientale chiamata "She Passes Through The Night".

I toni vanno dal folk di "Goatman" e "She's The King Of My Life", in cui Callahan si esibisce da solo con l'elettrica in due ballate (quasi) convenzionali e pastorali, ma sempre con un'accordatura che rimanda ai chitarristi maliani ed etiopi, alla lunga e speziata cavalcata psichedelica di "Foxboy", dove i sample uniti a chitarra fuzz e tabla creano una visione intricata e spettrale. Nella scura "One Rainy September", probabilmente il vertice del disco, Callahan ci mostra tutta la sua abilità di narratore, raccontandoci la storia di un soldato che lascia l'esercito tornando a casa dopo anni in una piovosa giornata di fine estate, ma viene riconosciuto a fatica da moglie e figlia. Ed è proprio a quest'ultima che il soldato si rivolge esprimendo tutte le proprie emozioni, il suo sentirsi come un fantasma in procinto di scomparire. Il confronto tra i due raggiunge il suo pathos nel verso che i due cantano insieme:

You'll never understand how love gets lost in the mundane. But you will learn how bitter the emptiness tastes, how vacant the space can be under a surname, how different the thoughts under a familiar face.

Il tutto sottolineato dallo splendido lavoro del quartetto d'archi Iskra Strings, dalla grande sensibilità ritmica di Daren Garratt, che interviene subito dopo la strofa cantata insieme, e da una Katherine Whitaker sempre più convincente nel ruolo della figlia confusa, tanto da meritarsi un brano tutto per lei nel Volume II che, si spera, uscirà a fine estate 2022. Il finale di "Always" mostra l'amore di Callahan per i cantautori classici e per i torch singer degli anni 50, un suo personale tributo alla musica cosiddetta popolare.
Se il buongiorno si vede dal mattino, non vediamo l'ora di ascoltare "English Primitive II", che, sembra, sarà più rumoroso e psichedelico pur mantenendo la gamma eclettica di input che è una delle carte vincenti di questo album. A chiudere il cerchio, ci pensa anche l'artwork, riproduzione di un lavoro di vetro colorato dell'artista Pinkie Maclure, capace di riflettere perfettamente l'oscurità e la luce delle canzoni.

Con questo album David Lance Callahan mostra a tutti il proprio talento di musicista e narratore che già avevamo visto e apprezzato con Moonshake e The Wolfhounds. Il valore di queste sette sue tracce è talmente alto da far (quasi) perdonare l'inspiegabile trentennale silenzio che l'artista ha reiterato prima di rivelarsi come solista. Una sorta di eroe di culto che colpisce, ancora una volta, nel segno con una soluzione mutante di post-punk, folk, influenze mediorientali e africane, al servizio di storie e cortometraggi musicali di diversa lunghezza che emozionano e coinvolgono.

12/02/2022

Tracklist

  1. Born Of The Welfare State Was I
  2. Goatman
  3. Foxboy
  4. She's The King Of My Life
  5. She Passes Through The Night
  6. One Rainy September
  7. Always




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