Fucked Up

Year Of The Horse

2021 (Fucked Up)
progressive, post-hardcore

Dopo aver ascoltato per la prima volta “David Comes To Life” (2011), in molti avranno pensato che quello doveva essere per forza il punto massimo di arrivo del sestetto canadese, forse persino il vertice dell’idea stessa di hardcore sinfonico progressivo. Già “Dose Your Dreams” (2018) mostrava come i Fucked Up potessero ripetersi a livelli simili e reinventarsi anche in dilatate atmosfere dream-pop (“How To Die Happy”). “Year Of The Horse” è l'ennesima conferma di una band che non smette di stupire e di elaborare soluzioni sempre differenti, rimanendo sostanzialmente fedele alla violenza sonora originale.

Il lavoro è palesemente ambizioso sin dal formato, un Lp diviso in quattro atti che rappresentano di fatto quattro lunghe sinfonie tra i venti e i ventisei minuti ciascuno. Più di ottanta minuti di musica che diventano un enorme calderone di idee e citazioni.

“Act One” inizia con note di piano ed elettronica che lasciano spazio a vari minuti di hardcore melodico con chitarre granitiche e aggressive quasi come agli esordi. Partono improvvisi un arpeggio e un parlato femminile con sottofondo di archi e cori da musica tradizionale. La chitarra acustica rimanda sempre più a epoche antiche, poi una tromba e infine la chitarra elettrica riprende un ritmo martellante quasi al limite del metal, fino a una inattesa parentesi alt-pop.

“Act Two” è un colossale groviglio di mondi sonori che si intersecano, dall’hard-rock tradizionale sino ad atmosfere western (tra Morricone e le scorribande post-rock dei Godspeed You! Black Emperor), da un carillion da colonne sonore dei Goblin al consueto hardcore che qui sta a cucire tra loro le varie composizioni. Nel finale ritornano le chitarre distorte, ma il canto è ironico e bizzarro, come se fossero protagonisti i Residents.

“Act Three” parte con un’intro classica di piano e archi per poi assumere sonorità rock epiche. Il cerchio si chiude riprendendo le melodie del primo atto, poi fiati su ritmi vagamente trip-hop prima che le chitarre riprendano di nuovo il sopravvento. Improvvisamente dalla violenza delle chitarre si giunge a un ensemble d’archi modern classical, quasi in stile Max Richter. Ma è solo una tregua di un minuto per poi riprendere con un blues parlato dal sound desertico e il ritorno al consueto riff del primo atto.

“Act Four” (ventisei minuti) è il più ambizioso collage della carriera dei Fucked Up. Dalle trombe iniziali alle chitarre quasi thrash, si ha subito l’impressione di qualcosa di anomalo e delirante. Si susseguono melodie pop, riff pesanti, note di pianoforte, tastiere progressive e persino momenti psichedelici, tutti nell’arco di pochi minuti ma tutti credibili e non forzati. A un certo punto le trombe ritornano per dilatarsi in alcuni minuti vicini a “The Pavilion Of Dreams” di Harold Budd che via via assumono un’enfasi persino religiosa, quasi Popol Vuh. Gli ultimi tre minuti chiudono in maniera epica questo lungo percorso di ottanta minuti, come una grande sinfonia post-rock sostenuta da un magnifico loop di piano.

"Year Of The Horse" è un lavoro coraggioso e di grande maturità compositiva, di certo destinato a essere ricordato nel tempo.

04/04/2022

Tracklist

  1. Act One
  2. Act Two
  3. Act Three
  4. Act Four




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