Giorgieness

Mostri

2021 (Woodworm)
pop, songwriter

Giorgy is a punk. Anche se suona pop.
Giorgia D'Eraclea non è più la ragazza che urlava le sue inquietudini sulle schitarrate secche e veloci di "La giusta distanza", suo esordio al grande pubblico del 2016. È cresciuta ed è cambiata. O forse è cambiato solo il suo modo di scrivere canzoni. Fatto sta che il suo progetto Giorgieness arriva al 2021 con un nome ormai ben noto nella variopinta galassia "indie" italiana, e con un nuovo disco, "Mostri", che prosegue la strada (già in parte intrapresa con il precedente "Siamo tutti stanchi") di un cantautorato dalle sonorità sempre meno inclini al rock. Eppure, anche nella più morbida delle ballate acustiche, Giorgia è maledettamente punk. Trasuda da ogni poro frenesia e irruenza, pur senza il sostegno di chitarre distorte. Ha quel candore disadattato da provincia irrequieta, come se la sua fosse una Valtellina sommessamente tondelliana e paranoica, che la vita di nessuna grande città potrà mai cancellare. Sembra portare ancora appiccicato addosso l'odore di sale prove improvvisate in garage malconci.

"Mostri" esce ad ottobre 2021 sotto l'egida della fedele Woodworm, raccogliendo le canzoni scritte nel corso dei quattro anni seguiti alla realizzazione di "Siamo tutti stanchi", includendo - non a caso - diversi brani editi come singoli già a partire dal 2020. Proprio la produzione (a cura e gusto di Davide Napoleone, Marco Olivi e Ramiro Levy, che sono anche gli strumentisti di supporto) è il primo elemento a suscitare attenzione; il sound è pomposo ma venato di una leggerissima (quasi impercettibile) patina lo-fi, quel tanto che basta a "sporcare" l'enfasi, rendendola più cruda e fascinosa.

Giorgia sogna PJ Harvey ma - a voler trovare un metro di paragone internazionale - in "Mostri" ammicca spesso ad atmosfere care alla diva indie del pop (e non indie-pop) per eccellenza, Lana Del Rey, nel suo respiro che sa essere dirompente e allo stesso tempo refrattario e dimesso. Ritornando in patria, i brani dell'album sembrano rimandare da un lato a un certo ermetismo del Calcutta di "Mainstream", dall'altro ai refrain più ariosi di Levante. La D'Eraclea si muove bene su entrambi i fronti, capace di dosare bene il quoziente emotivo dell'album; gli arrangiamenti fanno ben risaltare gli umori e lei dà prova di una vocalità intensa ed estesa, capace sia di rintanarsi introversa che di lanciarsi in ritornelli trafiggenti e acuti.

In "Mostri" prosegue la narrazione di un disincantato turbamento esistenziale, pilastro portante della poetica dell'autrice ma in generale di tutto il filone indie di vecchia e nuova maniera; Giorgia D'Eraclea sa raccontare, in parole e in musica, le sue storie in un modo, se non particolarmente originale, quantomeno più credibile e intimo rispetto alla media dei colleghi. È appassionata e struggente nel dare sfogo ai suoi disagi, riuscendo a non ridurli a melliflue paturnie della porta accanto, buone solo per hashtag su Instagram. Ha il dono di una drammaticità semplice e accessibile che non pretende di essere paradigma generazionale (anche se poi finisce col diventarlo). Ciò che la D'Eraclea mette a nudo è solo se stessa. Quei "Mostri" sono i suoi e di nessun altro. Anche quando parla in seconda persona, dà l'impressione di trovarsi di fronte allo specchio. Non parla con te, non cerca in nessun modo di parlare per te; che poi tu ti ci possa riflettere, è un altro discorso.

"Mostri" è un disco bello, con il pregio di saper dipingere su melodie radio friendly (comunque - per lo più - non banali) un quadro di sensazioni profonde e viscerali, ma con il difetto di non voler osare.
L'album si fissa infatti troppo rigorosamente sui paletti della ballad tormentata, riuscendo a evaderne poco spesso e disseminando alcuni episodi stucchevoli o riempitivi. 

Tuttavia, nei momenti d'ispirazione, la D'Eraclea riesce a interpretare il nuovo canone pop italiano nel miglior modo possibile, offrendo un'introspezione che ribolle e trascina.
La traccia di apertura "Hollywoo" ne è brillante testimonianza; squisitamente poppeggiante ma ricca di contrasti, incede nevrotica e soffusa, dissipata e scandita. "Supereroi", episodio migliore dell'album, si dirada ulteriormente fino a dissolversi in una coralità acidamente sognante. Sugli stessi livelli, "Tempesta" alterna umori cadenzati, tra sospiri rilassati e vocalizzi straziati.
"Gilda" ha un'ingenua e sghemba ambizione dream-pop e, pur restandone lontana anni luce dalle astrazioni vorticose, è piacevolmente avvolgente. "Maledetta" e la title track "Mostri" sembrano riprodurre le movenze plastiche e sinuose della già menzionata Levante, con un piglio più grezzo e meno glamour. "Anima in piena" è il pezzo da cantare a un falò, ma non su una spiaggia a Ferragosto quanto più sotto il ponte di una tangenziale.

Perché, dicevamo, Giorgia è una punk. In effetti è questo ciò che emerge e incide più di tutto il resto, conferendo potenza peculiare ai brani di "Mostri"; il suo fervore elettrico, che si palesa anche laddove di elettricità ce ne sia obiettivamente poca. Giorga ha il carisma e il magnetismo di chi si sfracella, si dispera, si rialza e si sfracella di nuovo. E te lo fa vedere, percepire. Riesce a graffiare anche mentre declina la più apparentemente innocua formula pop. Ascoltarla è come sfogliare un diario scarabocchiato, strappato e rappezzato.

L'ultimo lavoro di Giorgieness sembra un punto di passaggio lungo un percorso di maturazione non ancora pienamente compiuto. In "Mostri" non c'è nessuno spunto geniale, nessuna epifania che possa far gridare a un qualche miracolo. Ma c'è un autentico romanticismo nichilista (e specularmente, un nichilismo romantico) e tanto basta a farlo annoverare tra gli album più interessanti attualmente in circolazione nel perimetro di un pop di qualità ma senza smodate pretese intellettuali (o presunte tali). Una tappa della discografia che riesce quindi a conquistare e che contestualmente lascia ampi margini per una crescita ulteriore. In un certo senso, per crescere davvero, lasciandosi definitivamente alle spalle le macerie post-adolescenziali. Chissà se Giorgia ne avrà voglia e soprattutto se saprà farlo da un lato senza cristallizzarsi troppo nella sua immagine, ma al contempo senza neanche snaturarsi; conservando quello spirito da "ragazza con i capelli strani" che oggi ammiriamo, che traduce le sue rovine in pulsazioni tanto disastrate quanto vibranti.

Perché Giorgia in fondo è punk. Ma sa suonare pop.

24/11/2021

Tracklist

  1. Hollywoo
  2. Il giardino del torto
  3. Mostri
  4. Maledetta
  5. Supereroi
  6. Anima in piena
  7. Gilda
  8. Cose piccole
  9. Successo
  10. Tempesta
  11. Quello che vi lascio






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