Peacers

Blexxed Rec

2021 (Drag City)
psych-pop

Nel panorama garage dell’inizio del secondo millennio i Sic Alps di Mike Donovan si distinsero agli esordi per uno stile cacofonico e ferocemente rumorista che li rendeva, se non del tutto originali, quantomeno interessanti e differenti dagli altri gruppi dello stesso genere. Col passare degli anni e degli album la band tendeva a depurarsi dalle scorie lo-fi mentre affiorava quella che era la vera ossessione musicale del loro leader: la psichedelia anni 60 (nelle più svariate forme). Tale percorso lineare venne portato a compimento da Donovan con il nuovo progetto The Peacers, ormai giunto al terzo lavoro con questo “Blexxed Rec”, anche se non molti se ne sono accorti dalle nostre parti: peccato veniale riferendoci a una band che fatica a emergere in un contesto ricchissimo d’artisti di livello superiore come Ty Segall (che coprodusse e suonò nel loro esordio omonimo), Thee Oh Sees, Mikal Cronin, Wand e perfino CFM e White Fence per limitarci alla scena californiana, mentre se allargassimo lo sguardo potremmo supporre di riferirci a un gruppo quantomeno poco rilevante.

“Blexxed Rec” non si discosta troppo dai predecessori e parte anche discretamente: l’uno-due iniziale “Ms. Ela Stanion’s School Of Acting” e “Ghost Of A Motherfucker” con  fraseggi acid blues e coretti beat andati a male, chitarre sature e mood sixties sono piacevoli diversivi, ma a un ascolto attento l’atteggiamento scazzato e amatoriale potrebbero far pensare a un Hendrix decisamente più scarso e in fissa con il pop psichedelico o a dei Beatles troppo fatti per produrre un qualcosa che si avvicini a qualsivoglia forma d’arte. Gli spasmi garage dei Sic Alps ritornano solo nella successiva “Dickdog In Paris”, peraltro alternati a momenti di stasi lisergica, mentre a prevalere è una vena acustica e acid-folk che rimanda agli svarioni degli ultimi (pleonastici quanto deludenti) Brian Jonestown Massacre in “Stinson Teep”o alla meglio al Syd Barrett solista (le varie e inevitabilmente sghembe “Irish Suit”, “The Thunder Is An Electrical Love God”, “”Alloyed Sheik”) il cui santino sembra il principale nume tutelare, maggiore  riferimento e ispiratore.

A conti fatti, sembra che i Peacers siano, a causa dell’idolatria eretica per la psichedelia sixties o per averne inquinato le radici dissacrandola, come condannati in un limbo dove debbano servire a tempo indeterminato ai propri ascoltatori questa pappetta psichedelica solo a tratti gustosa e acida al punto giusto, più spesso rimasticata e insipida; ma forse il vero peccato è che i loro lavori potrebbero invogliare a recuperare gli “originali” (la pur pregevole  e dolcemente psych-pop “Dandelion” difficilmente può competere con l’omonimo brano dei Rolling Stones o con l’analogo “Dandelion Seeds” dei misconosciuti July, giusto per citare brani dal titolo uguale o quasi).

Paradossalmente, dopo di una serie di abusati effetti ed effettacci “stupefacenti”, a stupire davvero è la malinconia struggente della traccia conclusiva “Make It Right” nella cui melodia collidono le tracce emotive di grandi autori degli anni 90 come Pavement, Elliott Smith e Sparklehorse, tanto da indurre a un ozioso quanto retorico quesito (dalla risposta prevedibilmente negativa): che la fine dell’album sia un nuovo inizio per i Peacers?

30/10/2021

Tracklist

  1. Ms. Ela Stanyon’s School Of Acting
  2. Ghost Of A Motherfucker
  3. Dickdog In Paris
  4. Colors For You
  5. Stinson Teep
  6. Irish Suit
  7. Blackberry Est
  8. Dandelion
  9. The Thunder Is An Electrical Love God
  10. Alloyed Sheik
  11. Bic Sitar
  12. Make It Right

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