I'm scared/ Of what? You ask, and I say/ It’s such a long time since I cried/ I’m scared of talking/ I just want to be right
Un dialogo tra due persone che si amano e creano arte: Ebba e Michel Gustafsson Ågren, per alcuni gli Wy, per i più nessuno in particolare - e come biasimarli? Il duo svedese ha attirato oggettivamente poche attenzioni - se non quelle di qualche pagina indie-specializzata - e ad oggi conta soltanto due dischi all'attivo prima di questo "Marriage", che raccoglie neanche mezz'ora di musica in 10 brani dal sapore agrodolce.
Malinconia in bassa definizione e ostinate reiterazioni si incontrano, incastrano e confondono dentro un sogno fatto di sensazioni e immagini poco nitide. Raccontarle è l'ambizione di Ebba e della sua voce, senza dubbio il viatico più potente della musica degli Wy, nonché il marchio distintivo del progetto, sotto il quale si intrecciano percussioni minimali, semplici riff di chitarre e tappeti di synth che accompagnano intuizioni melodiche non sempre accattivanti, ma spesso degne di nota, come in "Come Here", "Dream House", "Braid", "God's Lamb" e "That Picture of Me", certamente gli episodi migliori del disco - sebbene quest'ultima esca malconcia da una inspiegabile coda noise.
Non ci si aspetti il miracolo da "Marriage" né un episodio sopra le righe, ma soltanto musica buona per cuori delicati e orecchie che cercano qualcosa di lieve e vagamente decadente. Troveranno nei melati e ripetitivi pendii delle melodie degli Wy piste di lancio per quel senso di empatia che è poi il motore di emozioni, ricordi e sensazioni.
Raggi di sole che filtrano attraverso le persiane di una casa svedese e scaldano appena. Se per alcuni è ciò che basta, c'è mezz'ora di buona musica ad aspettarli.
16/07/2021