Aldous Harding

Warm Chris

2022 (4Ad)
alt-folk, singer-songwriter

Impossibile non volere bene ad Aldous Harding, non fosse altro per l'abilità della cantautrice neozelandese nel rinnovarsi senza perdere un briciolo della propria personalità artistica. Una sfida resa ancor più ardua dalle meraviglie ad alto tasso visionario di "Designer", l'album che l'ha definitivamente consacrata.

Sono molti i motivi che hanno convinto l'artista a scegliere Cardiff come luogo d'adozione, non ultimo un'affinità elettiva con la scena musicale e soprattutto con quei musicisti che stanno codificando le direttive del folk-pop gallese: Cate Le Bon, H. Hawkline, Gorky's Zygotic Mynci.
Hannah Topp, vero nome dell'artista, per il suo quarto album "Warm Chris" sceglie infatti una scenografia in contrasto con gli spazi multicolori e leggermente stravaganti del precedente album. Tra queste dieci nuove canzoni andate in cerca dell'erede della fantasiosa teatralità art-pop di "The Barrel", c'è il rischio di restare delusi. Per quanto le oblique sonorità e le taglienti liriche di "Tick Tock" cerchino di emularne l'incisività, è evidente che questa nuova creatura di Aldous Harding risponde ad altre necessità espressive.
Le dieci tracce di "Warm Chris" rinunciano in gran parte alle note pulsanti di basso e ai riff assassini di "Designer". Anche il cantato è sommesso e meno verboso: sembra che l'artista neozelandese voglia invitare a un ascolto più attento e meditato, scelta che in alcuni casi si rivela irta di pericoli.

Senza dubbio l'aggancio lirico in crescendo di "Ennui" è familiare quanto basta da non stravolgere la continuità narrativa dei precedenti album. Anche lo slancio pop di "Fever" è figlio di vibrazioni rock'n'roll, solo che Harding la interpreta con uno spirito da svogliata chanteuse (al pari di k.d. lang nel remake di "The Joker").
Il singolo "Lawn" è preda di una sordida malinconia che ne stempera gli stridii pop, un altro segnale di quel caos che si erge a leit-motiv dell'album.
Barocchismi naif e stravaganze folk danno man forte all'ennesima metamorfosi di Aldous Harding. A dispetto dell'elemento puramente estetico, la deriva letteraria di questo nuovo album ha più cose in comune con la svolta del Tom Waits di "Swordfishtrombones" e con la dolente malinconia di "Desertshore" di Nico, piuttosto che con le parche ambizioni di molte folksinger contemporanee.

"Warm Chris" è un album che rinuncia a molti degli stereotipi adottati in passato. L'obliquo surrealismo degli arrangiamenti da un lato fa vacillare gli input armonici, dall'altro lato apre nuovi orizzonti. È insolita infatti la saudade che anima la trance pianistica di "Bubbles". Anche l'accenno di romanticismo di "Passion Babe" è informe, volutamente confuso e quasi algido. Ma è in "Staring At The Henry Moore" che l'inquietudine che brulica in profondità trova la perfetta esegesi creativa: il cantato è opaco, introverso, imperscrutabile, quasi ostico.
Il produttore John Parish ha scelto i giusti complici per questo ennesimo cambio di pelle: non solo H. Hawkline e Gavin Fitzjohn, ma anche l'ex-batterista dei Sons Of Kemet, Seb Rochford. Il gioco d'illusioni e finezze che caratterizza l'intero album è per tal motivo ricco di sorprese e di intuizioni, le quali ad ogni ascolto svelano ulteriori chiavi di lettura.
Dove si intravedono ombre, c'è in verità tanta luce (la title track), e quando l'artista reinventa una filastrocca per bambini, come nel caso di "She'll Be Coming Round The Mountain", qualcosa sembra incrinarsi, la voce si frantuma e il pensiero va a "A Man Needs A Maid" di Neil Young, un altro dei potenziali numi tutelari dell'album più difficile e controverso di Aldous Harding.

Con "Warm Chris" la cantautrice neozelandese sveste i panni più confortevoli esibiti in passato. Il surrealismo leggermente psichedelico delle dieci tracce confina spesso con il minimalismo. Questo è un album che richiede pazienza e dedizione per essere apprezzato in pieno, a volte rimanda all'ultimo lavoro di Cate Le Bon "Pompeii", ma quello che promette è un'esperienza sonora fuori dai canoni.
A sigillo di quello che appare come un album di transizione, c'è infine la eccentrica liturgia a più voci di "Leathery Whip", con tanto di organo alla Velvet Underground. Qui non solo la Harding sfrutta più timbri e toni vocali, ma duetta con Jason Williamson dei Sleaford Mods, fomentando bizzarre ipotesi sul proprio futuro artistico, anche se appare improbabile che possa riuscire a elaborare un progetto più camaleontico ed enigmatico di "Warm Chris".

07/04/2022

Tracklist

  1. Ennui
  2. Tick Tock
  3. Fever
  4. Warm Chris
  5. Lawn
  6. Passion Babe
  7. She'll Be Coming Round The Mountain
  8. Staring At The Henry Moore
  9. Bubbles
  10. Leathery Whip




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