Alt J

The Dream

2022 (Infectious)
alt-folk

Si deve dar merito agli Alt-J di avere uno stile riconoscibile. Una vera manna per un gruppo abile nel rimodellare e manipolare meriti artistici altrui, con una formula che riesce peraltro a convincere pubblico e gran parte della critica.
L'eclettismo resta alla base della miscela di elettronica e alt-folk del trio (ex-quartetto) sempre incline alla contaminazione di stili disparati, spesso catturati al volo, giusto per arricchire il fascino evocativo delle epidermiche melodie.
Pur con le appena descritte premesse, "The Dream" è un disco che funziona, intelligentemente lontano dalle furie pop del precedente album, levigato quanto basta per non turbare i fan e non privo di qualche intuizione geniale perfetta per un endorsement critico.

A dispetto delle ambiziose ed eleganti arie celtiche e tribali continuamente violate da improvvise modulazioni sonore e vocali, "Bane" non entra nella ristretta cerchia delle canzoni da raccontare di questo ultimo sforzo degli Alt-J: non basta infatti imitare i Massive Attack per ottenere un buon groove. Ed è quello che per fortuna non manca a "U&Me", uno dei brani più gioiosamente orecchiabili della band, frizzante ed equivocamente bluesy.
Con "Hard Drive Gold" gli Alt-J assestano un altro colpo basso, infettando una melodia surf con ironiche vestali world music, mettendo in evidenza un'altra delle poche novità di "The Dream", ovvero la rinuncia a un tema unico dei testi per un'esplorazione a 360 gradi di argomenti ora lievi e ora seriosi.

Va dato merito alla band di aver ridonato un certo lustro al termine mainstream ("The Actor", "Happier When You're Gone") e di saper ancora osare, sia abbassando i toni - il barocco ma delicato romanticismo di "Get Better" - sia alzando la posta in gioco nell'accoppiata di "Chicago" e "Philadelphia", che tra una melodia tanto semplice quanto trascinante e un susseguente crescendo epico-classicheggiante smuove il tono emotivo dell'album.

A cinque anni di distanza dal mezzo scivolone di "Relaxer", comunque premiato con un Mercury Prize e buone vendite, la band di Leeds si ripropone con un progetto più solido, a tratti perfino emozionante, ma basta un ascolto meno superficiale per scorgere quei residui di polvere e quel furbo manierismo stilistico che da sempre caratterizzano la musica del gruppo: interessante ma mai eccelsa.
Una certa stasi è infatti percepibile nell'autoindulgente "Walk A Mile" e nelle superflue "Delta" e "Powders", che stemperano non poco le grazie di "The Dream".
Nella parte finale dell'album bisogna affidarsi a "Losing My Mind" per poter provare un minimo di risveglio dei sensi, grazie al brevettato crescendo di intrecci sonori che da sempre identifica le migliori intuizioni della band inglese.

Nell'eterno dilemma se optare per l'essenzialità o la magniloquenza, gli Alt-J alfine scelgono una pallida maturità creativa. "The Dream" è un disco perennemente in bilico tra manierismo e passione, l'ennesimo corto-circuito di una band che nonostante tutto ha ancora qualcosa da dire, se solo trovasse il coraggio e l'azzardo necessario per uscire dalla lievemente noiosa e aurea mediocrità.

16/02/2022

Tracklist

  1. Bane
  2. U&Me
  3. Hard Drive Gold
  4. Happier When You're Gone
  5. The Actor
  6. Get Better
  7. Chicago
  8. Philadelphia
  9. Walk A Mile
  10. Delta
  11. Losing My Mind
  12. Powders




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