Black Angels

Wilderness Of Mirrors

2022 (Partisan)
psych-rock, garage, folk

Con “Death Song” del 2017 i Black Angels pubblicarono un disco che è a tutti gli effetti la summa della loro opera fino a quel momento, il punto di arrivo di un percorso che ne sintetizza tutti gli esperimenti e le deviazioni. Una formula psych-garage che viene facile definire totale.
Nonostante cinque anni di iato, nei quali negli Stati Uniti e nel mondo è successo di tutto, la band capitanata da Alex Maas e Christian Bland, solitamente più prona a mutazioni e più reattiva alle contingenze, ha scelto di ricominciare il proprio cammino proprio da dove lo aveva interrotto. “Wilderness Of Mirrors” mutua dunque il sound e le soluzioni dal suo predecessore, ampliandone però il raggio d’azione, anche grazie a una durata monstre, e talvolta un po’ pesante, di quasi un’ora.

 

Nel sesto disco in studio di registrazione, il quintetto di Austin si trova quindi ad affrontare nuove tematiche, talvolta anche con un inedito approccio positivo (la ribelle “Without A Trace” e una “El Jardin” che ci invita a lasciare un mondo migliore ai nostri figli), e una suddivisione ideale in tre parti, la prima arrembante e votata al garage psichedelico, una centrale più folk e una finale più ariosamente psichedelica.
Dopo un capolavoro di opener come “Without A Trace”, in cui l’intera formazione dà sfoggio delle note qualità, le varie “Hystory Of The Future”, “Empires Falling” e “La Pared (Govt. Wall Blues)” si producono dunque in un bruciante assalto di fuzz e ficcanti incursioni chitarristiche.

Il folk psichedelico di “The River” ingloba nella formula della band sentori anatolici, mentre la pittoresca “100 Flowers Of Paracusia” ha addirittura un approccio testuale paesaggistico e “Here And Now” rallenta ulteriormente i giri in favore di uno strumming di chitarra acustica energico che però, in combinazione con il dolce canto di Maas, diventa altamente evocativo. La roboante title track sguscia invece rapida come un serpente a sonagli che sfreccia tra le dune di un deserto.
Ci si avvia verso il finale del disco con una “Icon” che fa il verso alla psichedelia marziale dell’indimenticato “Passover”, con qualche spezia orientale nelle gorgheggianti linee vocali, per poi concludere il viaggio con la spaziale “Suffocation”, che protende le sue chitarre verso una volta celeste oscura e carica di mistero.

 

Non c’è che dire: nulla di nuovo sul fronte di Austin. Fa però immenso piacere ritrovare dopo un bel pezzo una band e vederla riconfermarsi leader del settore sfornando una prova solida dopo l’altra.

20/09/2022

Tracklist

  1. Without a Trace
  2. History of the Future
  3. Empires Falling
  4. El Jardín
  5. La Pared (Govt. Wall Blues)
  6. Firefly
  7. Make it Known
  8. The River
  9. Wilderness of Mirrors
  10. Here & Now
  11. 100 Flowers of Paracusia
  12. A Walk on the Outside
  13. Vermillion Eyes
  14. Icon
  15. Suffocation


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