Bob Vylan

Bob Vylan Presents The Price Of Life

2022 (Ghost Theatre)
punk, grime

L’intera prospettiva sonora e sociopolitica dei londinesi Bob Vylan - due Bob armati di chitarra, batteria, beat e microfono e una sigla fantastica, da pronunciare “villain” - è racchiusa in una doppietta di singoli pubblicati nel 2020, quando nessuna casa discografica o stazione radiofonica voleva saperne di razzismo, disoccupazione, affitti alle stelle e povertà sistemica. Se “We Live Here” era una rasoiata punk/metal straziata da un’interpretazione vocale grime tanto rauca da far impallidire i Napalm Death, “England’s Ending” si addentrava in territori Uk hip-hop alternando un lucidissimo spoken word a un toasting aggressivo sull’ottava più alta. Ma erano senz’altro i testi la ragione di un ban che costringeva il duo a pubblicare in autonomia un Ep considerato troppo radicale da chiunque nel music business, sputi sulla Union Jack degni dei tempi del “Crass not Clash”: non già rielaborazioni a uso Instagram di rivendicazioni sociali, dunque, ma vere aggressioni fisiche al conservatorismo della società britannica. L’impero non c’è più e la definizione di “inglesità” non può prescindere dalla generazione Windrush, dalle curry houses o da Brick Lane: i Bob Vylan, atletici black bloke che alla violenza rispondevano con altrettanta violenza, erano lì per rimarcarlo - “We didn’t appear out of thin air/ we live here”.

Non è sorprendente che un simile estremismo sia esploso dal tessuto sociale suburbano di un paese che ha patito come pochi altri, in Occidente, le conseguenze di linee politiche destrorse e antisociali e che, proprio per questa ragione, ha visto nascere, fiorire e morire in sequenza post-punk, industrial, cultura rave e hardcore continuum. E infatti ci vogliono solo poche strofe di “Wicked & Bad”, proprio in apertura del nuovo “Bob Vylan Presents The Price Of Life”, perché il nome di Margaret Thatcher salti fuori: mentre irresistibili distorsioni punk si agitano in un club jungle di fine anni Novanta, il master of ceremonies invita a scoperchiarne la tomba per chiederle dove sia finito il latte - il riferimento, piuttosto oscuro per chi come noi guardi l’isola da una certa distanza, è a una misura del governo Heath, che nel 1971 tolse il latte gratuito dalle mense scolastiche. L’effetto è assicurato, ma la miccia dell’intero lavoro è nascosta in un altro verso: “Dog eat dog world/ but the dogs have gone mad”; coerentemente, i Bob Vylan alzano ancora il livello dello scontro e settano a undici la manopola del volume, in un full-length che in trentaquattro minuti esaspera i tratti della proposta musicale e rende gli spigoli delle liriche ancora più taglienti.

Che “The Price Of Life” non sventoli bandiere bianche ma si prepari alla guerra è chiaro fin da subito: le prime parole che si ascoltano sono quelle di un discorso di Walter Rodney, storico e attivista guyanese assassinato nel 1980 - più attuali che mai: “People in their day-to-day lives will know what it means to be living in a state of economic crisis”. Da lì in avanti, un assalto segue l’altro senza soluzione di continuità, la rabbia unico collante tra i margini di faglie soniche apparentemente inconciliabili: la tromba e i ritmi in levare del reggae “Health Is Wealth” sbattono contro l’accelerazione hardcore di “Big Man”, mostrando chiari i segni del passaggio dell’uragano Bad Brains; l’anthem istantaneo “Take That” ruba il riff a “Cubik” degli 808 State per appoggiarci un formidabile rap, laddove certi passaggi di “Turn Off The Radio”, “GDP” o “Bait The Bear” tradiscono ascolti nu-metal non sempre raccomandabili.
Bisogna dirlo: la carica è impressionante, ma in alcuni casi l’autoproduzione così spartana non consente ai brani di brillare quanto potrebbero e l’impianto sonoro sconfina nel generico. Talento cristallino e perfino tracce di genio, qui, sono da ricercare nel fuoco di fila di invettive di Bobby, più che nei groove di Bobbie.

Sventagliate da un flow imprendibile quanto accurato (vi stupirete di fronte all’intelligibilità del growl in apnea “Drug War”), le rime assassine di “The Price Of Life” raccontano l’apocalisse di una società di sommersi senza salvati, in cui una brutale schiettezza sembra l’unica risposta possibile a una politica che ha abdicato a qualsiasi visione di progresso collettivo in favore del libero mercato. Per metterla in scena, Bobby - con sarcasmo, consapevolezza e virtuosismo - prende in prestito concetti e vocabolario da una biblioteca evidentemente ampia, ma pure dall’intera storia della musica di protesta: la prospettiva di una “Guerrilla Radio” paventata da Zack De La Rocha un quarto di secolo fa viene ribaltata nell’invito a boicottare palinsesti radiofonici zeppi di pezzi privi di sostanza, mentre fuori il paese è al collasso; analogamente, la take dei Public Enemy su Elvis in “Fight The Power” è ricontestualizzata in un brillante riferimento all-Brit: “I know they're gonna hate that/ but their bar's low like Take That/ motherfucker take that”.

Due highlight, ugualmente paradigmatici di un’incrollabile fedeltà alla linea. Il primo, la già citata “Health Is Wealth”, individua nel cibo un indicatore di sperequazione sociale e si trasforma in un invito a mantenersi attivi e a prendersi cura del proprio corpo con un’alimentazione sana (“Never know when a man might have to dash/ and a pig can't kill what a pig can't catch”). L’altro, “CENSORED”, è un interludio di trentacinque secondi privo di accompagnamento in coda a "Pretty Songs", showcase per l’abilità di Bobby al microfono e la schiena dritta del duo di fronte alle lusinghe del capitale (“Your music upsets advertisers / it's 'bout the Peso, what they say goes”). Sono forse i picchi di “The Price Of Life”, album che mostra i Bob Vylan intenti ad affilare unghie e denti di un’idea grezza ma già incendiaria, che cerca di convincere l’ascoltatore a essere qualcosa più di un consumatore desensibilizzato. Spegnendogli i feed, riaprendogli gli occhi, riportandolo nel mondo.

18/05/2022

Tracklist

  1. Walter Speaks
  2. Wicked & Bad
  3. Big Man
  4. Take That
  5. Health Is Wealth
  6. He Sold Guns
  7. Must Be More
  8. Pretty Songs
  9. CENSORED (Interlude)
  10. Turn Off The Radio (Radio Single)
  11. GDP
  12. Bait The Bear
  13. Phone Tap (Alexa)
  14. Drug War
  15. Whatchugonnado?

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