Brian Eno

FOREVERANDEVERNOMORE

2022 (Verve/UMC)
ambient-pop

Era da quasi un ventennio che Brian Eno non si cimentava con un album completamente contraddistinto dal canto, una scelta che ha creato un’attesa quasi spasmodica per “FOREVERANDEVERNOMORE”. Non è comunque l’unico motivo d’interesse: il nuovo progetto del musicista-non-musicista è una profonda riflessione sul futuro del pianeta e sull’emergenza climatica, un disco che idealmente si ricollega alle tematiche di “Another Day On Earth” del 2005, dove Eno affrontava la follia del terrorismo, e a “The Ship” del 2016, un’acuta analisi dell’orrore della guerra. A far da collante tra le tre opere è anche il canto, che nei due capitoli accennati era limitato a timide o insolite esternazioni (il suono robotico della voce di Brian Eno resta uno degli affronti che il pubblico non gli ha del tutto perdonato). Anche musicalmente “FOREVERANDEVERNOMORE” ricalca temi non molto incisivi o innovativi: rassegnazione e vigore emotivo sono la vera chiave di lettura di un disco dimesso e solenne.
Le cronache raccontano di un ulteriore evento catalizzatore e creativo, l’esibizione di Brian e Roger Eno al festival Epidaurus di Atene (i due presentavano il progetto “Mixing Colors”), un concerto turbato da incendi causati dal caldo anomalo, ben 45 gradi, uno scenario quasi apocalittico.

 

Messe in chiaro le più esplicite premesse concettuali, dal punto di vista strettamente musicale non sorprendono le già note affinità con il tardo Scott Walker o con David Sylvian, soprattutto nelle due tracce che il musicista ha presentato nel contesto del concerto in Grecia, in primis la notevole “There Were Bells”, un flusso di synth dal tono ostile che neanche il canto degli uccelli e le ambientazioni oniriche e cosmiche riescono a stemperare del tutto.
Ancor più aspre le stratificazioni minimal di “Garden Of Stars”, tra cascate di oscure trame di synth e uno spietato richiamo alla realtà: “Questi miliardi di anni finiranno”. Il non-musicista non è mai stato così fatalista e drammatico.

“FOREVERANDEVERNOMORE”, però, è nonostante tutto un disco ambient, anche l’uso della voce è funzionale a un corpo unico fortemente descrittivo (“We Let It In”), languori strumentali e vocali, tra i quali una voce femminile, accennano paesaggi glaciali (“I'm Hardly Me”), in particolar modo quando la voce quasi scompare (“Making Gardens Out Of Silence In The Uncanny Valley”, “Inclusion”).
Inutile auspicare ritornelli, tempi ritmici alla Talking Heads: questi dieci brani prediligono la miglior retorica ambient di Brian Eno. Non è nemmeno un album politico, nonostante “Who Gives A Thought” parli di lavoratori, mentre dietro la leggerezza di una ballata come “Sherry” e le terapeutiche sonorità di “Icarus Or Blériot” si nasconda il desiderio di un annullamento temporale che permetta all’umanità di ridare respiro al pianeta Terra.

 

Sono tante le possibili chiavi di lettura di “FOREVERANDEVERNOMORE”, personalmente preferisco concentrare l’attenzione su un assunto certo, ovvero l’elevato profilo creativo di Brian Eno: da oltre cinquant’anni il musicista inglese tesse una tela sempre più raffinata, e restare intrappolati nelle sue riflessioni è sempre avvincente, soprattutto quando, come in questo caso, ne mostra il lato più antropico e passionale.

29/10/2022

Tracklist

  1. Who Gives A Thought
  2. We Let It In
  3. Icarus Or Blériot
  4. Garden Of Stars
  5. Inclusion
  6. There Were Bells
  7. Sherry
  8. I'm Hardly Me
  9. These Small Noises
  10. Making Gardens Out Of Silence In The Uncanny Valley




Brian Eno sul web